venerdì 28 dicembre 2012

ONORE ai Caduti della RSI !

Nella prima foto, il cordone dei Paracadutisti milanesi, guidato dal "Comandante" Dario Macchi. Fra gli altri si riconoscono: il mitico Dario Casorati, il "Ritter" Marco Battara (editore e libraio di riferimento) ed il "Conte Grappa" Alessandro Romei Longhena. Nella seconda foto: due Ausiliarie della RSI, il "Barone Nero" Roberto Jonghi Lavarini, il giornalista-opinionista Francesco Filippo Marotta e, in primo piano, con il cappello, il Camerata Gattuso, storico attivista missino.

giovedì 27 dicembre 2012

Camerata Manlio Sargenti: Presente!

E serenamente mancato, a 97 anni, intensamente vissuti, il Camerata Dott.Avv.Prof. Manlio Sargenti, Capitano degli Alpini durante la Seconda Guerra Mondiale, Capo di Gabinetto del Ministero della Economia Corporativa durante la Repubblica Sociale Italiana (fra gli estensori dei 18 Punti di Verona), dirigente nazionale e consigliere comunale del Movimento Sociale Italiano (del quale è stato uno dei fondatori), presidente onorario della Fiamma Tricolore.
E' morto giovedì 21 dicembre, a 97 anni, Manlio Sargenti, sottosegretario a Salò e materiale estensore della "Carta di Verona". Come spiega in questa intervista, era stato tra i fondatori del Movimento sociale nella speranza che inverasse gli ideali della Repubblica. Si era perciò allontanato nel 1956, insieme ad altri socializzatori, come il geografo Massi, esponente di rilievo del corporativsmo. Presidente onorario della Fiamma tricolore, aveva presieduto il secondo congresso. Sull'importanza della socializzazione nel pensiero e dell'azione dell'ultimo Mussolini sviluppa interessanti riflessioni Maurizio Murelli, proprio a partire dal confronto con l'economista fascista. "Tra i miei appunti di conversazione con Manlio Sargenti, sottosegretario al Ministero per l’Economia in RSI che lavrò per conto del ministro Giuseppe Spinelli e, cosa importante, redasse materialmente la carta della socializzazione, ne seguì i vari aggiustamenti e ne curò la riproduzione tipografica risulta questa domanda: “Cito da L’ideologia del fascismo” di A. James Gregor: “Nel gennaio 1945, quattro mesi prima della sua morte, Mussolini nominò Giuseppe Spinelli Ministro del Lavoro e gli affidò la responsabilità di disseminare “mine sociali” sul suolo italiano. Mussolini sperava che il processo di socializzazione potesse essere portato ad un punto tale da non poter essere rovesciato dalla restaurazione monarchica e capitalista, sperava cioè che il Fascismo potesse lasciare in eredità all’Italia del dopoguerra un’economia socializzata”. In questa affermazione del Gregor io vedo un uso “tattico” della socializzazione, per quanto essa, è del tutto evidente, corrisponda ad una esigenza di giustizia sociale. Come se in clima di emergenza con la caduta traumatica del Fascismo, la nascita in situazione di emergenza della RSI, Mussolini si sia preoccupato maggiormente di intralciare monarchici e capitalisti intesi come maggiori ostacoli alla pratica di un equa giustizia sociale piuttosto che perpetrare il fascismo. Infatti se la socializzazione nasce in clima di emergenza la concezione corporativa con il relativo statuto nasce a ragion veduta dopo 10 anni di prassi fascista. La socializzazione fa a pezzi la sintesi fascista conseguita negli anni ’30 e recupera solo uno delle idee antemarcia, vale a dire che siamo già al “neofascismo”. Si può dunque affermare che la socializzazione sia pensata per avantaggiare i socialisti nella rifondazione dell’Italia? Che Mussolini l’abbia accettata e sostenuta a prescinndere dal fatto che il fascismo gli sopravivesse, che cioè la socializzazione non fosse qualcosa di esclusivamente fascista ma qualcosa in una certa qual misura “neutra”, condivisibile per esempio con i socialisti che apparivano agli occhi di Mussolini come la terza forza più credibile in Italia dopo Monarchici e comunisti?” Dico subito che la risposta fu complessa. Primo: Sargenti è a tutt’oggi fedele alla idea di socializzazione che reputa come unica alternativa al modello produttivo-sociale in vigore. Secondo: Sargenti non ha elementi per confermare o smentire la mia ipotesi sul pensiero di Mussolini. Di certo dà per scontato che in RSI si lavorava e ci si batteva per l’onore d’Italia e la giustizia sociale prescindendo dal Fascismo. Nel senso che c’erano coloro che facevano valere la nuova idea di Fascismo come c’erano quelli che facevano valere la vecchia ma c’erano pure coloro dal fascismo prescindevano e si erano aggregati per ragioni varie. Se altri che ho intervistato mi hanno detto che su Mussolini avevano molto peso come consiglieri Gentile e Bombacci, Sargenti su Bombacci è più cauto, ma da ciò che si può ricavare dalla conversazione con lui e con altri politici (politici, non combattenti) la sensazione che si ricava è proprio quella di socializzazione intesa come qualcosa che va oltre il fascismo".

mercoledì 19 dicembre 2012

Camerata Elia Zevio: Presente!

Dopo Agostino Canal, Aldo Arcari e Lino Menghini, se ne è andato anche il Camerata ELIA ZEVIO, storico Comandante dei paracadutisti milaNESI e dirigente nazionale ANPDI, combattente volontario in Africa, autentico patriota anticomunista. A lui, ora lo possiamo dire, è ispirato il libro di Ippolito Edmondo Ferrario, "Mercenari, gli Italiani in Congo nel 1960". Recentemente, il fedelissimo Parà Conte Alessandro Romei Longhena, accompagnato da Roberto Jonghi Lavarini, era andato a trovarlo all'ospedale dove, nonostante la sofferenza e la malattia, Elia Zevio non aveva perso la sua incrollabile fede patriottica, quello spirito cameratesco e goliardico e quel carattere burbero ma sincero che lo ha sempre contraddistinto. Oggi, a Milano, il funerale. Sotto la fotografia, il ricordo del suo "giovane allievo" Dario Macchi, ora, al di là delle sigle e degli incarichi burocratici, capo carismatico e sicuro punto di riferimento dei paracadutisti milanesi e lombardi.
DARIO MACCHI con ELIA ZEVIO
ELIA ZEVIO: IL COMANDANTE DEI PARACADUTISTI. Da pochi minuti ha fatto l'ultimo lancio il paracadutista comandante Elia Zevio PRESENTE! Elia hai raggiunto i tuoi camerati in quel angolo di cielo riservato a quelli come te! Uomini e guerrieri. Addio fratello! Sempre FOLGORE! La storia dei “volontari stranieri” italiani- per lo più provenienti dalla Folgore,dai Lagunari e dal Battaglione San Marco - partiti alla volta del Congo nacque anche dalla esigenza di vendicare i militari italiani arruolati nell’ANC e trucidati nel villaggio di Kindu nel 1961. Il carattere volontario della loro scelta, l’anticomunismo intransigente, la capacità tecnica di condurre una guerra non convenzionale,lo spirito irriverente e scanzonato nonostante l’indubbio spirito di corpo, la consapevolezza di appartenere ad una confraternita e la frequentazione di ambienti associativi simili (soprattutto l’Anpdi) li ha resi un corpo d’elite. Entrati nella leggenda,nel bene e nel male, erano e sono uomini eccezionali a cui si deve rispetto per la loro vita e le loro scelte. Elia è stato uno di loro! Elia ha fatto un pezzo di storia del paracadutismo italiano: primo tra tanti paracadutisti militari del dopoguerra nel CMP di Viterbo, poi in congedo nell’API e nell’ANPd’I dove fino allo scorso anno faceva parte del collegio dei Garanti. Ci ha insegnato l’amore per la Patria, il rispetto per gli anziani e lo stile di vita del Paracadutista… sempre! Carattere burbero e pronto di mani aveva una cuore nobile e generoso, ora lo vogliamo ricordare con questa immagine: alla Cerimonia del 2 luglio nel 2010. Cerimonia che in tempi in cui la Folgore era accusata di torturare i poveri guerriglieri somali aveva contribuito ad istituire e organizzare per ricordare a tutti gli italiani il sacrificio dei nostri ragazzi in divisa nelle missioni. Li è con la Medaglia d’Oro Magg. Par. Gianfranco Paglia con il Cap. par. MBVM Massimiliano Zaniolo i suoi parà e le autorità. Sempre FOLGORE! Comandante ELIA! F.to DARIO MACCHI

lunedì 17 dicembre 2012

In ricordo della contessa Piera Gatteschi Fondelli, Comandante del Servizio Ausiliario Femminile della Repubblica Sociale Italiana.

17 Dicembre 1985 – In ricordo di Piera Gatteschi Fondelli. Fu il primo Generale di brigata del Servizio Ausiliario Femminile della Repubblica Sociale Italiana, la prima donna militare nella storia moderna. Nacque a Pioppi, in Toscana, nel 1092, in una famiglia numerosa. Il padre morì prima della sua nascita, e insieme alla madre, si trasferì a Roma alla vigilia della Grande Guerra. Le vicende del dopoguerra la coinvolsero a tal punto che nel 1921 si iscrisse al Fascio di Combattimento di Roma e il 19 ottobre del 1922 prese parte al congresso che si svolse a Napoli. All’età di venti anni, Piera Gatteschi Fondelli, era a capo di un gruppo di circa venti donne formando la Squadra d’Onore di scorta del Gagliardetto, e il 28 ottobre, partecipò alla Marcia su Roma. Grazie al suo fascino, alla sua eleganza, al suo coraggio e soprattutto al suo entusiasmo e alle sue doti organizzative, divenne ispettrice della Federazione dell’Urbe, occupandosi dell’Opera Nazionale maternità e infanzia della Croce Rossa delle colonie estive. Alla politica prevalse l’amore. Nel 1936 lasciò ogni incarico per seguire in Africa Orientale Italiana l’ingegnere Mario Gatteschi, diventando poi il marito, che dirigeva i lavori per la costruzione della strada Assab Addis Abeba. Dopo tre anni, Piera Gatteschi Fondelli, rientrò in Italia e Benito Mussolini la nominò fiduciaria dei Fasci femminili dell’Urbe, che contava centocinquanta mila iscritte. Nel 1940, invece, fu nominata ispettrice nazionale del partito. Con la caduta del Fascismo, Piera Gatteschi Fondelli, si rifugiò dai suoceri nel Casentino, mentre il marito ritornò in Africa come combattente, poi catturato come prigioniero di guerra dalle truppe inglesi in Kenya. Dopo la liberazione di Benito Mussolini, sul Gran Sasso, e la nascita della Repubblica Sociale Italiana nel nord, si trasferì a Brescia avviando una nuova collaborazione con Alessandro Pavolini, segretario del partito. Alla fine del 1943, Piera Gatteschi Fondelli, manifestò al Duce il desiderio delle donne fasciste di avere un ruolo più incisivo nella difesa del paese. Il progetto fu appoggiato da Pavolini e accettato da Rodolfo Graziani, dato che servivano molti uomini per la guerra e le donne erano necessarie per assisterli e per sostituirli nei ruoli non di prima linea. Così il 18 aprile del 1944, con decreto ministeriale n° 447, nacque il Sevizio Ausiliario Femminile come supporto allo sforzo bellico, nel quale affluirono giovani donne di tutte le condizioni sociali e da ogni parte dell’Italia, tante ragazze quasi maggiorenni, molte sposate e parecchie madri. Il primo agosto del 1944 fu pubblicato il bando sulla Gazzetta Ufficiale dove l’arruolamento era assolutamente volontario, numerosi i requisiti richiesti e particolarmente rigida la disciplina. Piera Gatteschi Fondelli, nominata Generale di brigata, ottenne il comando e scrisse il regolamento. Niente pantaloni, niente trucco, nessuna concessione al cameratismo. Patriottismo e moralità erano la base su cui intendeva costruire la nuova realtà delle donne soldato. All’interno del nuovo corpo ogni dipendente era soggetta alla giurisdizione penale militare. Le reclute prestavano giuramento secondo la formula stabilita per le forze armate. Le ausiliarie erano a tutti gli effetti militarizzate, i loro fogli di matricola venivano regolarmente trasmessi ai distretti militari e costantemente aggiornati. Lo stipendio oscillava tra le trecentocinquanta e le settecento lire in base al tipo di mansione svolta. Prima di essere assegnate ai rispettivi Comandi, le giovani donne dovevano partecipare e superare i sei corsi di addestramento che si tennero a Venezia, Roma e Como. Venivano istruite sulle divise del nemico, sul tipo di armamento, sui carri armati, si allenavano agli interrogatori e a rispondere sulle false identità, come reagire alla tortura e alle altre sevizie e come tentare un’evasione. La divisa era realizzata con panno grigioverde per l’inverno, tela kaki per l’estate, con la gonna a quattro centimetri sotto il ginocchio. La giacca aveva il collo come quello degli uomini e due tasche alla sahariana. In testa portavano un basco grigioverde con la fiamma ricavata in rosso. Le calze era lunghe e grigioverdi, il cappotto di tipo militare. Le ausiliarie prestavano inizialmente solo assistenza infermieristica negli ospedali militari, lavoravano negli uffici e alla propaganda, allestendo posti mobili di ristoro per le truppe. Dopo il 25 aprile del 1945 il Servizio Ausiliario Femminile si sciolse e Alessandro Pavolini suggerì di distruggere tutta la documentazione per evitare vendette. Piera Gatteschi Fondelli cercò di mettere in salvo le ragazze, ma lei stessa fu costretta a vivere in clandestinità per oltre un anno, prima in un convento, poi in un manicomio. Si trasferì successivamente in Abruzzo con il marito, tornato dalla prigionia. Le ausiliarie subirono prigionia e campi di concentramento alla pari dei combattenti della Repubblica Sociale Italiana. A guerra terminata e armi deposte, si scatenò una serie di vendette e proprio il Servizio Ausiliario Femminile fu il reparto che pagò il più alto tributo di sangue. Molte aderenti furono oggetto di svariati atti di tragico scherno e vittime di omicidi, violenze, stupri e ritorsioni sulle famiglie. Nel dopoguerra Piera Gatteschi Fondelli si iscrisse al Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante, dedicandosi all’organizzazione di viaggi turistici per i giovani del partito. Accanita lettrice e appassionata di pittura tentò la gestione di un ristorante ma senza successo. Si spense a Roma all’età di ottantatre anni. www.libero-mente.blogspot.com libero-mente@libero.it carminecetro@gmail.com

ONORE ad ALDO RESEGA.

18 Dicembre 1943 – In ricordo di Aldo Resega. Come ufficiale di fanteria degli Arditi, Aldo Resega, partecipò alla Prima Guerra Mondiale. Entrò nel Partito Nazionale Fascista come squadrista volontario e nel 1936 prese parte alla Guerra di Etiopia come Comandante di una compagnia di Arditi della divisione Tevere. Durante la Seconda Guerra Mondiale partecipò alle operazioni sul fronte greco – albanese, in Croazia e in Dalmazia, nonché sul fronte occidentale. Decorato cinque volte con la medaglia al valor militare, il 5 giugno del 143, a causa della sua invalidità di guerra, fu nominato Ispettore Federale del Partito Nazionale Fascista a Milano e dopo la caduta di Benito Mussolini e la nascita della Repubblica Sociale Italiana, il 13 settembre del 1943, ricostituì la sezione milanese del partito con la carica di Commissario Federale milanese. In quel periodo, Aldo Resega, cercò di mantenere uno stato di relativa normalità nella popolazione cittadina, bloccando gli eccessi degli squadristi. Dal Comando Generale delle Brigate Garibaldi sorsero, alla fine di settembre del 1943, i Gruppi di Azione Patriottica. Organizzazioni di partigiani che nacquero soprattutto su iniziativa del Partito Comunista Italiano sulla base dell’esperienza della resistenza francese. In realtà erano piccoli nuclei formati da quattro o cinque uomini, un caposquadra, un vice e due o tre gappisti. L’insieme di tre squadre costituivano un distaccamento con alla testa un Commissario politico e un Comandante con esperienza militare. A differenza dei partigiani di montagna, i gappisti, dovevano condurre un’esistenza alla luce del sole, con un normale impiego dietro al quale nascondere attività di guerriglia. I compiti principali erano di sabotaggio e di azioni armate per l’eliminazione di elementi legati al Regime Fascista in ambito cittadino, considerati delatori o noti torturatori. Quando il 7 novembre del 1943 i partigiani gappisti misero in atto una serie di attentati contro obiettivi fascisti e tedeschi, Aldo Resega, decise di intervenne, ma da paciere. Si presentò presso il comando tedesco per impedire qualsiasi tipo di rappresaglia e tenendo a freno i propri uomini, intenzionati ad arrestare centinaia di persone. Al fine di innescare una guerra civile nel capoluogo, la Direzione Nazionale del Partito Comunista Italiano ordinò di uccidere il Commissario federale. L’azione non rappresentava eccessive difficoltà. La famiglia Resega abitava via Bronzetti, nei pressi di Porta Vittoria. Aldo Resega, la mattina era impegnato nell’industria di cui era direttore e il pomeriggio si recava in federazione. Quattro volte al giorno con puntuale regolarità. Vestiva sempre in borghese ed effettuava i suoi spostamenti in città usando sempre il tram. Non era scortato e soprattutto non portava armi. Dopo alcuni giorni di appostamenti, la mattina del 18 dicembre 1943, due gappisti, a volto scoperto, entrarono in azione. Aldo Resega fu ucciso con otto colpi di pistola a pochi passi di distanza dalla sua abitazione, mentre attendeva l’arrivo del tram. Il giorno successivo, in Piazza Duomo, il corte funebre fu attaccato dai partigiani gappisti che spararono alla cieca sulla folla intervenuta. La sera stessa un Tribunale straordinario condannò a morte il dottor Carlo Mendel, Carmine Campolongo, Fedele Cerini, l’ingegner Giovanni Cervi, Luciano Gaban, Alberto Maddalena, Antonio Maugeri, Amedeo Rossini e Giuseppe Ottolenghi già da tempo detenuti nel carcere di San Vittore per attività antifascista. I condannati, tutti estranei per l’omicidio di Aldo Resega, furono passati per le armi nei pressi dell’Arena. La risposta dei partigiani gappisti non tardò ad arrivare. A sostenere le azioni si aggiunse anche la propaganda delle radio italiane controllate dagli angloamericani e in particolar modo Radio Bari che diramava quotidianamente nomi di fascisti con le abitudini, orari e indirizzi abitativi. Così tutto il mese di dicembre fu segnato dal sangue. Il 15 dicembre, ad Alessandria, i gappisti partigiani fu eliminato il Colonnello Salvatore Ruggero, Comandante del deposito di fanteria, dilaniandolo con due bombe a mano. Lo stesso giorno, a Ponzone Trivero, in provincia di Vercelli, fu trucidato il Segretario del Fascio, Bruno Ponzecchi. Il 18 dicembre, ad Ornavasso, in provincia di Novara, furono massacrati sotto gli occhi dei familiari il milite Fernando Ravani e il mutilato di guerra Augusto Cristina. Il 19 dicembre, a Vicenza, tre colpi di arma da fuoco fulminarono alle spalle il fascista Edoardo Pavin. Sempre il 19, a Seregno, in provincia di Milano, fu ucciso il Capitano della Guardia Nazionale Repubblicana, Antonio Giussani. Il 20 dicembre, a Erba, in provincia di Como, fu la volta del fascista Germano Frigerio. Il 21 dicembre, a Castino, in provincia di Cuneo, furono trucidati il Maggiore dei Carabinieri Mario Testa, il Capitano Antonio Corvaia, il Maresciallo Sergio Gatti e il milite Andrea Torelli. Nessuna rappresaglia fu eseguita per vendicare i caduti. Nell’ottobre del 1944 nacque la quarta Brigata Nera Mobile “Aldo Resega” dal fondatore e Comandante, Vincenzo Costa, ultimo Federale milanese nella Repubblica Sociale Italiana. La mobile fu immediatamente inviata, con compiti di presidio e di pattugliamento, all’imbocco delle Valli Maira e Varaita per contrastare le ben organizzate formazioni partigiane di Moscatelli nelle province di Cuneo. La Brigata Nera Mobile “Aldo Resega” era composta da circa settecento uomini ed era strutturata su tre compagnie. Fino al 25 aprile del 1945 i caduti furono diciotto ma, a guerra terminata, il numero aumentò notevolmente e, al pari di altre formazioni, anche la Mobile “Aldo Resega” dovette pagare un altissimo contributo di sangue per aver scelto la strada dell’onore. Sul quotidiano “l’Unita” del 25 aprile 1948, cinque anni dall’omicidio Aldo Resega, fu pubblicato il racconto di uno dei due gappisti che aveva partecipato all’azione punitiva. www.libero-mente.blogspot.com libero-mente@libero.it carminecetro@gmail.com

Sergio Bianchi Galangan: Presente!

Camerata Sergio Bianchi Galangan, Combattente Volontario in Africa con il Battaglione Giovani Fascisti: Presente!

mercoledì 12 dicembre 2012

martedì 4 dicembre 2012

Combattenti per l'Onore d'Italia: incontro ufficiale Marò XMAS - Arditi ANAI.

Da sx: SERGIO POGLIANI (vice Presidente Nazionale della Associaizone Combattenti X MAS), il Capitano FRANCESCO LAURI (in rappresentanza ufficiale della Associazione Nazionale Arditi d'Italia) ed IWAN BIANCHINI (pluridecorato Marò del Battaglione Nuotatori Paracedutisti della Decima Flottiglia Mas della Repubblica Sociale Italiana, Encomio Solenne Battaglia di Tarnova).

lunedì 3 dicembre 2012

Ricordo di Guido Mussolini.

Negli ultimi anni, problemi soprattutto di salute, l’avevano fortemente segnato e si era, purtroppo, circondato da troppi personaggi che ne sfruttavano l’illustre cognome, per fini personali. Io me lo ricordo, più che come mio Gran Maestro dell’Ordine dell’Aquila Romana, come autentico camerata, coerente militante politico (per anni riferimento degli italiani in Argentina e collaborare del Movimento Peronista, presidente onorario della Fiamma Tricolore di Pino Rauti, poi del Movimento Sociale Europeo di Roberto Bigliardo ed infine candidato con Forza Nuova) e persona estremamente mite, cortese e gioviale. Le miei più sincere e profonde condoglianze a tutta la Famiglia Mussolini ed in particolare al figlio Giulio Cesare. F.to Roberto Jonghi Lavarini (Commendatore dell'Ordine dell'Aquila Romana), a nome di tutta la Comunità Militante di Destra per Milano. NB: nella foto, Guido Mussolini con il fedelissimo Camerata Conte Prof. Fernando Crociani Baglioni.

Guido MUSSOLINI: Presente!

L’Associazione Nazionale Arditi d’Italia (ANAI) e la Unione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana (UNCRSI), inchinano i propri labari e bandiere, in ricordo ed onore di Sua Eccellenza Guido Mussolini, figlio del Comandante Vittorio e nipote del Duce Benito, Gran Cancelliere dell’Ordine dell’Aquila Romana, simbolo della Fedeltà e della continuità ideale, deceduto a Roma, il 2 dicembre 2012, a 75 anni, dopo una lunga malattia. Camerata Guido Mussolini: Presente!

domenica 2 dicembre 2012

X MAS: Memento Audere Semper!

Da sx: FRANCO STEFANIZZI, il mitico IWAN BIANCHINI (pluridecorato Marò del Battaglione Nuotatori Paracedutisti della Decima Flottiglia Mas della Repubblica Sociale Italiana, Encomio Solenne Battaglia di Tarnova), Donna Stefanizzi, SERGIO POGLIANI (vice Presidente Nazionale della Associaizone Combattenti X MAS), il Capitano FRANCESCO LAURI (in rappresentanza ufficiale della Associazione Nazionale Arditi d'Italia) e ROBERTO JONGHI LAVARINI.