giovedì 31 gennaio 2013

Mobilitazione generale de LA DESTRA a MILANO !

MILANO: mobilitazione generale de LA DESTRA nazionale, popolare e sociale. - SABATO 2 FEBBRAIO 2013, PRESIDIO e PROPAGANDA ELETTORALE, dalle ore 15.30 alle ore 18.30, nelle storiche piazze della destra milanese, SAN BABILA e PORTA VENEZIA. - GIOVEDI 7 FEBBRAIO 2013, RIUNIONE POLITICA ed ORGANIZZATIVA, ore 21.00, presso la federazione provinciale, in PIAZZA OBERDAN 3 (citofono 23). Non siamo mestieranti della casta dei partiti, non abbiamo apparati, finanziatori e clientele. Noi siamo, orgogliosamente, uomini liberi e coerenti: la nostra forza sono i Valori, le Idee, la passione, la militanza disinteressata, la buona Politica! La nostra vera forza siete Voi! destrapermilano.blogspot.it

mercoledì 30 gennaio 2013

Il comunista Manifesto contro la destra.

L'estrema destra alla prova del voto. L'ex colonnello di An tenta di sfondare con Fratelli d'Italia. I candidati della Destra e di Fn. - Saverio Ferrari - Il manifesto - 30/01/2013 - Negli ultimi vent'anni, all'ombra dei governi formigoniani, l'estrema destra lombarda ha potuto usufruire di indubbi spazi e appoggi. Fin da subito ha goduto dello sdoganamento culturale operato dall'ex assessore alla cultura Marzio Tremaglia, tramite convegni e mostre dedicate al cattolicesimo più intransigente e oscurantista, a Ezra Pound, Julius Evola e ai reduci di Salò, ma anche di aiuti concreti sotto forma di generose elargizioni alle proprie case editrici. Ancora nel 2011 il logo della regione veniva concesso per alcuni convegni. In uno, in maggio, figurava anche il rappresentante di una rivista negazionista. Una legittimazione in grande stile, davvero sistematica, che ha avuto negli uomini di Alleanza nazionale i suoi più attivi protagonisti, ma non solo. Si pensi all'assessore Massimo Buscemi, area Comunione e liberazione, appoggiato pubblicamente nel 2010 da Casa Pound nella sua corsa a consigliere regionale. Ora, a tornata elettorale avviata, alcune candidature all'interno dello schieramento incentrato sull'asse Pdl-Lega chiariscono ulteriormente sponde e intrecci. Due le liste indicative. In primis Fratelli d'Italia originata da una delle schegge seguite all'implosione degli ex di Alleanza nazionale. Una formazione che in Lombardia più che altrove vuol dire «clan La Russa», depositario di un collaudatissimo sistema di potere, tra affari e politica, in grado di collocare propri uomini ai vertici di importanti istituzioni. Anche il logo, con il nodo tricolore, lo si è preso in prestito da Fare occidente, il nome dell'ex corrente di famiglia all'interno del Pdl regionale. Il suo gruppo dirigente, senza defezioni significative, è praticamente rimasto lo stesso di Alleanza nazionale, da sempre, a onta delle «svolte» di Gianfranco Fini, in costante collegamento con il variegato pulviscolo del neofascismo milanese. Da qui un intenso scambio di favori nel corso degli anni, con il procacciamento, attraverso l'Aler (grazie al cognato di Romano La Russa, Marco Osnato, posto ai suoi vertici), di sedi a prezzi di favore per alcune sue filiazioni (si veda il caso degli Hammerskin nei pressi della stazione Centrale), la partecipazione di suoi esponenti a iniziative nostalgiche (come al campo dei caduti repubblichini al Cimitero Maggiore), fino alla candidatura nelle elezioni regionali del 2005 di Lino Guaglianone, l'ex terrorista nero degli anni Settanta, sodale del pluriassassino Gilberto Cavallini dei Nuclei armati rivoluzionari. Nell'occasione alcuni dirigenti di An presenziarono anche all'inaugurazione del suo comitato elettorale, infarcito di bombaroli pluricondannati, tra loro Nico Azzi, arrestato il 7 aprile del 1973 in flagrante mentre tentava di compiere una strage sul treno Torino-Roma innescando un chilo di tritolo militare. La lista dei Fratelli d'Italia alle regionali, nell'occasione capitanata dal fratello di Ignazio La Russa, Romano, vede non a caso al secondo posto, davanti all'ex vicesindaco di Milano Riccardo De Corato, la consigliera provinciale Roberta Capotosti, già passata alle cronache per essersi fatta ritrarre con la croce celtica al collo in uno dei suoi manifesti elettorali. Roberta Capotosti e l'onorevole Paola Frassinetti, rappresentano le due figure principali alle quali il clan ha demandato il rapporto con l'estremismo di destra, da Forza nuova a Lealtà azione, l'associazione dietro la quale si nascondono gli Hammer lombardi che proprio in occasione della recente Giornata della Memoria hanno pensato bene di definire su facebook gli ebrei come «cancro dell'umanità» e la giornata stessa come «un insulto». Dal canto suo Paola Frassinetti ha appena espresso piena solidarietà agli arrestati di Casa Pound di Napoli gridando al «regime comunista». È stata ovviamente premiata con la candidatura al Senato. Più scontata sul versante de La Destra di Francesco Storace la presentazione alla Camera per Lombardia 1 di Roberto Jonghi Lavarini (tra i fondatori di Cuore nero, aderente alla Fondazione Augusto Pinochet, presidente nel 1997-1998 per Alleanza nazionale del consiglio di zona 3, passato alle cronache per aver esercitato il suo mandato istituzionale con un ritratto di Mussolini in uniforme e con il braccio teso nel saluto romano in bella mostra nel suo ufficio) e quella alla regione, di Benedetto Tusa negli anni Settanta tra i principali animatori de La Fenice, la sigla di Ordine nuovo a Milano in cui militava Nico Azzi. Nella circoscrizione 3 per la Camera la lista è stata esclusa per aver praticamente falsificato tutte le firme, è stata anche aperta un'inchiesta. D'altro canto La Destra non ha mai fatto mistero della propria natura, così come Forza nuova (presentatasi da sola), che candida alla Camera Remo Casagrande, notissimo squadrista degli anni Settanta, o la Fiamma tricolore (anch'essa per conto proprio), che al Senato include Flavio Carretta, più volte arrestato per aggressione e assalti vari (tra l'altro alla Casa dello studente di Milano nel 1970) e alla Camera mette Gabriele Leccisi, il figlio del più noto Domenico, trafugatore nel 1946 della salma di Mussolini dal Cimitero Maggiore. È proprio il caso di dire a volte ritornano. http://www.osservatoriodemocratico.org/page.asp?ID=3315&Class_ID=1004

martedì 29 gennaio 2013

Il candidato de La Destra che dice che Mussolini è un grande (e che lo pensa la maggioranza degli italiani).

Il candidato de La Destra che dice che Mussolini è un grande (e che lo pensa la maggioranza degli italiani). - ARTICOLO - Le cronache politiche raccontano di un Silvio Berlusconi gaffeur piuttosto che impegnato a coltivare la frangia più estremista del proprio elettorato. Ma, puntuale, ecco arrivare la patente di “amico del fascismo”. E per di più da un candidato alla Camera dei deputati de La Destra, il movimento di Francesco Storace che del Pdl è alleato. Così scrive Roberto Jonghi Lavarini sul suo blog: “Bravo Berlusconi, ha semplicemente detto quello che pensa la stragrande maggioranza del popolo italiano, ovvero che, Benito Mussolini, a prescindere da alcuni gravi errori, per tutto il periodo precedente alla tragedia della seconda guerra mondiale, abbia governato bene e fatto tante cose buone e giuste, soprattutto riforme in campo sociale e grandi opere pubbliche, molte delle quali ancora utilizzate e ben visibili”. Il rapporto di Lavarini con Storace è di antica data, ma quello che viene definito a Milano il “Barone nero” si definisce “candidato indipendente”, oltre che “milanese, marito e padre, aristocratico, cattolico, laureato e imprenditore, ex dirigente di An e del Pdl”. A marzo del 2009, un articolo di Repubblica così lo descriveva: “Sostenitore delle destre germaniche, del partito sudafricano pro-apartheid (il simbolo è una svastica a tre braccia sormontata da un’aquila) […]è la cerniera tra la destra di palazzo e i militanti di Cuore nero è sempre il Barone nero. Sua l’idea di fondare, due anni fa, il primo centro sociale di estrema destra a Milano”. Cuore nero, per l’appunto. http://pietrosalvatori.com/2013/01/28/il-candidato-de-la-destra-che-dice-che-mussolini-e-un-grande-e-che-lo-pensa-la-maggioranza-degli-italiani/

Articolo di Micromega: "Berlusconi a noi!"

Dopo la svolta ‘badogliana’ di Fini, per l’estrema destra Berlusconi è diventato l’assoluto punto di riferimento. In lui i moderni camerati vedono il nuovo Mussolini, l’atteso ‘capo carismatico’ capace di scardinare le regole democratiche e costituzionali. Il razzismo del Cavaliere, il suo revisionismo storico e la sua ‘antipolitica’ li affascinano. E oggi puntano sul Pdl. Berlusconi, a noi! di Guido Caldiron e Giacomo Russo Spena – 28 gennaio 2013 - «Duce, Duce», «Silvio, Silvio». «L’antifascismo che ha portato tante disgrazie e nefandezze dal 1945 ad oggi non potrà mai essere un nostro valore. Oggi la nuova Italia di Berlusconi-Tremonti-Alemanno sta davvero cambiando in meglio la nostra nazione». «Il nostro presidente Berlusconi ancora una volta si dimostra capo popolare e carismatico, fregandosene del “politicamente corretto” e degli antifascisti vecchi e nuovi». «Berlusconi? Mai stato antifascista». «Per chi vuole incentivare politiche nazionaliste è necessario sostenere il centro-destra che si regge intorno alla figura carismatica di Silvio Berlusconi». In queste parole ci sono più di tre generazioni di neofascisti che, divisi su tutto, si ritrovano da tempo uniti nel considerare la figura di Berlusconi come quella di un «nuovo Duce». Come è accaduto? Cerchiamo di capirlo ripercorrendo le tappe di questa attrazione fatale. «Duce, Duce», «Silvio, Silvio». Teste rasate, bomber e anfibi ai piedi, scandiscono gli slogan a squarciagola. In aria sventolano le celtiche e le bandiere della X Mas: gli «eroi» della Repubblica pro nazista di Salò. Marciano inquadrati, come soldati. Sono venuti da tutta Italia per dire il loro «no» alla sinistra. Dal palco Berlusconi afferma che «è il popolo che sceglie i leader». I camerati rispondono con una distesa di saluti romani e cantando un ritornello che rimanda a un terribile passato: il «me ne frego» degli squadristi mussoliniani. In piazza ci sono anche i neofascisti della Fiamma tricolore, riuniti dietro un grande striscione con su scritto: «Anticomunisti da sempre». Tra chi lo sorregge ci sono diverse generazioni dell’estrema destra: quelli cresciuti nell’Msi e delusi dall’evoluzione politica e dalle «svolte» di Fini, quelli passati per i gruppi radicali da Avanguardia nazionale negli anni Settanta al Movimento politico negli anni Novanta, infine i più giovani frequentatori dei «centri sociali» di destra. Siamo alla manifestazione organizzata dalla Casa delle libertà contro il governo Prodi il 2 dicembre del 2006. Con il Cavaliere, sul grande palco allestito in piazza San Giovanni, ci sono, oltre a tutti i big del centro-destra, Alessandra Mussolini, la nipote del Duce che non ha mai nascosto l’orgoglio di portare quel nome, e Luca Romagnoli, segretario della Fiamma e dal 2004 europarlamentare, che solo pochi mesi prima, durante una trasmissione televisiva su Sky aveva affermato, interrogato sulla Shoah: «Se le camere a gas sono mai esistite? Francamente non ho nessun mezzo per poterlo affermare o negare». In occasione delle elezioni politiche del 2006 il partito di Romagnoli – denominazione completa Movimento sociale Fiamma tricolore, alleato con il centro-destra in tutta Italia – aveva realizzato un manifesto che accanto alla foto di un gruppo di squadristi del Ventennio annunciava: «Sostieni la squadra del cuore». Ma, in quello stesso anno, le bandiere neofasciste sventolano anche a Napoli il 7 aprile in occasione di un altro appuntamento della «piazza di destra». Berlusconi sta chiudendo la campagna elettorale della Cdl e dei suoi alleati: pochi giorni dopo, il 9 e il 10, perderà le elezioni vinte invece dal centro-sinistra: «Domenica e lunedì vinceremo perché non siamo coglioni», scandisce. La piazza, gremita, risponde con un’autentica standing ovation. Tra le grida di giubilo della folla si può distinguere nettamente il «Duce, Duce» che, in coro, alcuni manifestanti indirizzano all’oratore prima di stendere il braccio destro nel saluto romano. Solo folklore? Solo casi isolati? Basterà guardare un po’ meglio tra le file dell’arcipelago nero per rendersi conto che non è così. «L’antifascismo che ha portato tante disgrazie e nefandezze dal ’45 ad oggi non potrà mai essere un nostro valore. Oggi la nuova Italia di Berlusconi-Tremonti-Alemanno sta davvero cambiando in meglio la nostra nazione. Berlusconi è l’uomo che ha salvato il mondo da una nuova guerra fredda (vedi caso Russia-Georgia) e che vuole restituire sovranità economica ed energetica all’Italia. Enrico Mattei venne assassinato per molto meno. Per questo e tanto altro [il Cavaliere] è il nemico numero uno di mister Sky, Gruppo L’Espresso e l’asse anglo-francese» dichiara Giuliano Castellino, romano, un nome noto delle ultime generazioni del neofascismo, passato per la Fiamma, ma anche per Forza nuova e la cosiddetta Base autonoma, e poi fondatore del movimento Il popolo di Roma, corrente del Pdl capitolino legata al sindaco Gianni Alemanno. Il tutto intervallato da esperienze tra gli ultras del calcio della Roma e concerti di rock estremista, oltre a diverse inchieste della magistratura. Castellino ha un suo gruppo musicale, La Peggio Gioventù, con cui dà sfogo a tutto il suo antiamericanismo: «Quando è arrivata è stata una festa, mister Bush è molto incazzato perché Katrina lo ha devastato, ora speriamo in un suo ritorno ma questa volta vada fino in fondo. Il suo arrivo l’han voluto gli dei, ha sottomesso yankee e farisei. È uno schianto è un uragano, noi gli mandiamo un bacio romano. Katrina ti amo, Katrina ti amo». Altri cavalli di battaglia della band: la «lotta all’ideologia del Sessantotto» e all’antifascismo. Sul sito del movimento guidato da Castellino, che inizialmente si chiamava Area identitaria, si legge: «Noi siamo gli Identitari, i figli d’Italia e d’Europa, pronti a vincere le battaglie del terzo millennio. Noi siamo il locomotore di una nuova e profonda contestazione generazionale contraria e opposta a quella del Sessantotto che ha distrutto i concetti di patria e famiglia». Per questo gli «identitari» hanno condotto per mesi una campagna di boicottaggio del film Il grande sogno di Michele Placido, reo ai loro occhi di esaltare i valori e la storia di quel periodo. Se questo è un primo segnale di quali siano gli ambienti neofascisti che guardano a Berlusconi come a una figura di riferimento, l’indagine deve però andare più a fondo: cosa hanno rappresentato e rappresentano ancora oggi Silvio Berlusconi e «il berlusconismo» per nostalgici a vario titolo del Ventennio mussoliano e della Repubblica di Salò? Dove trovare le ragioni profonde del fascino esercitato dall’uomo di Arcore sugli orfani di Mussolini?
Il 27 maggio 2010 in un discorso pronunciato in occasione di una riunione dell’Ocse il Cavaliere cita un passaggio dei Diari di Mussolini, un testo scovato dal suo fedelissimo Marcello Dell’Utri e che gli storici hanno dimostrato essere falso, e si paragona al Duce. «Io non ho nessun potere, forse ce l’hanno i gerarchi, ma non io. Io posso solo decidere se far andare il mio cavallo a destra o a sinistra, ma nient’altro». Pochi minuti dopo sul suo blog Roberto Jonghi Lavarini, che Paolo Berizzi ha definito nel suo libro sui «nuovi nazifascisti» (Bande Nere, Bompiani 2009) il Barone nero di Milano, ringrazia «il nostro presidente Berlusconi che, ancora una volta, si dimostra capo popolare e carismatico, fregandosene del “politicamente corretto” e degli antifascisti vecchi e nuovi, alla faccia del voltagabbana Gianfranco Fini. «[Siamo] finalmente liberi di gridare: W IL DUCE!». Già eletto nel consiglio comunale di Milano nel partito La Destra guidato da Francesco Storace – formazione a cui il Cavaliere ha promesso da tempo un posto nel governo – Jonghi Lavarini ha formato il gruppo Destra per Milano e ha aderito al Popolo della libertà. Non ha però rinunciato a nessuna delle sue antiche passioni: sostiene l’estrema destra tedesca, il partito boero sudafricano pro apartheid, il cui simbolo è una svastica a tre braccia sormontata da un’aquila, e rivendica con orgoglio l’appartenenza alla fondazione Augusto Pinochet, in omaggio al feroce dittatore cileno. Non vede del resto alcuna contraddizione tra la sua fede neofascista e l’adesione al partito del Cavaliere: «Avanti liberi e coerenti nel Pdl, con la fiamma nel cuore». E il suo blog è una sorta di museo di questa inedita alleanza: tra i siti segnalati spiccano quelli dedicati a Mussolini, alla X Mas e alla Repubblica di Salò, il tutto mescolato con i nomi di Silvio Berlusconi e Romano La Russa, esponente di spicco del Pdl milanese e fratello del ministro della Difesa Ignazio. Per quanto estreme possano apparire le sue posizioni, Jonghi Lavarini non è però un personaggio marginale della scena politica meneghina. Come racconta Paolo Berizzi nella sua inchiesta, nell’ottobre del 2008 ha partecipato al Lido di Milano alla festa del Popolo della libertà, «partecipando alla cena di gala con Silvio Berlusconi al quale ha anche regalato un libro apologetico sulla storia della Rsi». Se per Jonghi Lavarini la passione per il Ventennio e la Rsi conducono direttamente tra le braccia di Berlusconi, per Gabriele Adinolfi, stesso fascismo ma diversa generazione, è quella che viene presentata come una necessità tutta moderna di «ordine» e di «autorità» che spinge a vedere nel Cavaliere una sorta di nuovo Duce. Per Adinolfi, considerato l’ideologo dell’estrema destra italiana dell’ultimo decennio e passato da Terza posizione – neofascisti degli anni Settanta – a Casa Pound – fascisti del terzo millennio, secondo la loro stessa definizione – Berlusconi incarna, al pari del suo amico Putin, quel «neocesarismo» che, anche passando per un restringimento delle libertà democratiche, può salvare l’Europa dalla corruzione democratica. «Questi intendimenti, che mettono in pericolo la Costituzione, come non si stancano di ripeterci i chierici della Prima Repubblica, sono davvero liberticidi?», si chiede il leader neofascista facendo eco alle polemiche spesso suscitate dai progetti del Cavaliere. «La storia», aggiunge, «c’insegna che la libertà va di pari passo con l’autorità centrale», con quella «monarchia popolare, [che] sotto forma regale, imperiale, o cesariana, ha da sempre espresso l’intesa tra popolo e capo chiudendo nella forbice e tagliando le unghie e i canini ai privilegiati e ai proci». Perciò, «nessuno che abbia un briciolo di intelligenza, un minimo di mentalità politica e tenga alla libertà può non augurarsi che Berlusconi abbia la meglio sui proci». L’attenzione dell’estrema destra verso i nuovi politici inclini a coltivare il culto della propria personalità non è un fatto completamente nuovo per il nostro paese. Qualcosa del genere era cominciato ad accadere anche con Bettino Craxi, e prima di lui con Cossiga, ma in forme decisamente più circoscritte. Con Berlusconi il fenomeno è invece dilagato, al punto che nel paese che vanta la più lunga e corposa tradizione neofascista del mondo – il Movimento sociale italiano fu fondato già nel 1946 e raccolse nel corso di cinquant’anni di vita alcuni milioni di voti – c’è chi, nell’estrema destra, arriva a vedere nel Cavaliere proprio una sorta di «nuovo Duce». Del resto, fin dalla sua «discesa in campo» Berlusconi ha contribuito a sdoganare politicamente l’estrema destra e a rileggere nel segno del revisionismo storico il passato nazionale. Quando nel novembre del 1993 il Cavaliere dichiarò che se fosse stato residente a Roma avrebbe votato per Gianfranco Fini, quest’ultimo era ancora segretario dell’Msi, dopo essere stato a lungo il delfino di Giorgio Almirante, l’ex repubblichino che aveva contribuito alla nascita del partito dei nostalgici. Fini, che definiva Mussolini «il più grande statista del secolo», aveva appena celebrato (1992) il settantesimo anniversario della Marcia su Roma, a piazza Venezia, tra braccia levate nel saluto romano, labari con il teschio e un gran berciare di «eia eia, alalà!». E nel 1994 fu il primo governo a guida Berlusconi a consentire a dei missini (Alleanza nazionale sarebbe nata solo all’inizio del 1995) di entrare in un esecutivo della Repubblica democratica e antifascista. Mentre all’epoca Fini spiegava che «Berlusconi dovrà pedalare per dimostrare di appartenere alla storia come Mussolini», lo stesso Cavaliere annunciava il suo ingresso in politica con interviste nelle quali si diceva convinto che «per un certo periodo Mussolini fece cose positive, e questo è un fatto confermato dalla storia». Solo in un secondo momento «ha represso la libertà e portato il paese alla guerra». E l’uomo che insieme a lui aveva contribuito a fondare Forza Italia, Marcello Dell’Utri, forse il suo più stretto collaboratore per diversi anni, «scopritore» dei (falsi) diari inediti del Duce ha sempre parlato di Mussolini come di «un uomo straordinario e di grande cultura»: Diari che lo stesso Dell’Utri ha presentato presso il centro sociale neofascista romano Casa Pound nel settembre del 2009. «Berlusconi non è mai stato antifascista. Lo conosco da decenni, non mi ricordo nemmeno che abbia mai festeggiato un 25 aprile» spiega l’imprenditore Giuseppe Ciarrapico, detto «il Ciarra», un passato da notabile andreottiano, un presente da senatore del Pdl e fascista «in senso culturale» da sempre, con tanto di busti del Duce per tutta la casa. È per questo, conclude, che «è entrato nel cuore dei fascisti da tempo». Simile anche il punto di vista di Giulio Caradonna, nato nel 1927, tra i maggiori dirigenti missini negli anni Cinquanta e Sessanta e amico personale di Licio Gelli che subito dopo lo scioglimento di Alleanza nazionale e la nascita del Popolo della libertà nel 2008 dichiarava: «Per fortuna ora avremo il Pdl, il grande partito di destra che mancava all’Italia. Da tempo anche per l’elettorato di An il capo è Berlusconi. Un vero uomo di destra trova un riferimento naturale nel Cavaliere, non certo in Fini, eterno agnostico, che non ha mai compreso sino in fondo il ruolo politico-culturale dei missini». Il gradimento di Berlusconi presso i nostalgici del Ventennio è andato infatti crescendo anche a fronte della progressiva caduta delle quotazioni di Fini, determinata dalla sua evoluzione «postfascista». È il novembre del 2004 quando l’attuale presidente della Camera, allora in veste di ministro degli Esteri, visita lo Yad Vashem e, intervistato dai giornalisti all’uscita parla delle «infami leggi razziali volute dal fascismo». «Si devono denunciare le pagine di vergogna che ci sono nella storia del nostro passato», dichiara Fini. «Bisogna farlo per capire la ragione per cui ignavia, indifferenza, complicità e viltà fecero sì che tantissimi italiani nel 1938 nulla facessero per reagire alle infami leggi razziali volute dal fascismo». Poco dopo Fini si esprime esplicitamente anche sul fascismo: «Nel male assoluto rientra tutto il periodo delle discriminazioni, tutto ciò che ci ha accompagnato, quello che abbiamo visto insieme nel pellegrinaggio oggi allo Yad Vashem, quella è l’epoca del male assoluto». La reazione nel mondo neofascista è immediata. Fini è il nuovo Badoglio. Berlusconi il nuovo Duce. Anche i più estremisti vedono nel Cavaliere l’unica speranza. Come l’ex leader del Veneto Fronte skinheads Piero Puschiavo che, mantenuti i capelli rasati, è passato da bomber e anfibi a giacca e cravatta, presentandosi prima come capofila di un’area di minoranza della Fiamma tricolore di Romagnoli e chiudendo ora un accordo con La Destra di Francesco Storace: «Per chi vuole incentivare politiche nazionaliste è necessario sostenere il centro-destra che si regge intorno alla figura carismatica di Silvio Berlusconi». In un recente passato Puschiavo sosteneva di essere «contrario ai matrimoni misti perché l’imbastardimento della razza porta alla perdita delle proprie tradizioni, quindi si perde la forza di popolo, si perde la purezza del sangue». E perfino uno dei padri dell’Msi, Pino Rauti, sceglie il Cavaliere. Un passato, da giovanissimo, nella Guardia nazionale repubblicana di Salò e poi una lunga storia alla guida dell’area più oltranzista dell’estrema destra italiana: dalla fondazione di Ordine nuovo al coinvolgimento, per più di trent’anni, nelle inchieste sulla strategia della tensione. Dopo la nascita di Alleanza nazionale nel 2005 ha fondato il Movimento sociale Fiamma tricolore che nel 2000, in occasione delle regionali di Abruzzo e Calabria, sceglie di sostenere i candidati del Polo. E nel 2001 elegge un senatore grazie a un accordo di desistenza, sempre con il centro-destra, in Sicilia. «La nostra area di riferimento», spiegherà l’ex discepolo del filosofo razzista Julius Evola, «è la Cdl». Al Cavaliere riconosce «un enorme merito storico: ha bloccato e, in qualche caso, spazzato via l’egemonia culturale della sinistra che durava fin dal 1945». Inoltre Rauti coglie anche una sorta di analogia tra le proprie vicende personali – trent’anni di processi legati all’epoca della strategia della tensione – e quelle del Cavaliere: «Berlusconi è senza dubbio sotto attacco delle procure, c’è un andazzo inquisitorio contro di lui, quindi è normale che si difenda». Dal sostegno ideologico all’alleanza elettorale, il passo è breve. Così, nel 2006 una parte dell’ambiente neofascista dà vita al cartello elettorale di Alternativa sociale, formato dal movimento Libertà d’azione della Mussolini, oltreché dalla Fiamma tricolore, Forza nuova e dal Fronte sociale nazionale, e si allea con il centro-destra di Berlusconi. Quattro anni dopo la scena si ripete, questa volta in occasione delle elezioni amministrative. Nel Lazio, Adriano Tilgher, già segretario dell’Fsn e nel frattempo divenuto un dirigente di La Destra, è il capolista del partito di Storace che appoggia la candidata del centro-destra Renata Polverini. Quello di Tilgher è un nome noto del neofascismo italiano, già braccio destro di Stefano Delle Chiaie in Avanguardia nazionale, condannato nel 1975 per tentata ricostituzione del partito fascista, è confluito nella formazione di Storace con il suo Fronte schierato su posizioni antiamericane e «antisioniste». Ha lodato la politica sociale di Hitler ed elogiato quella del Duce. Del Führer ha, tra l’altro, detto: «È un uomo che ha lottato per il suo popolo incorrendo secondo la storiografia ufficiale in alcune storture». Questo mentre Forza nuova, che ha condotto con il centro-destra e la Lega campagne locali contro l’immigrazione e l’aborto, è guidata dall’ex leader di Terza posizione Roberto Fiore. Nel 2007 Fiore esprimeva in questi termini il suo giudizio sulla figura del Cavaliere: «Pensiamo abbia rappresentato un elemento di rottura e di speranza nella stagnante palude della politica italiana. […] Purtroppo Forza Italia è una diligenza su cui sono saliti anche mediocri, scarti e opportunisti». Resta da chiedersi cosa sia diventato il neofascismo nell’era di Berlusconi e quanto sia profondo il legame tra il berlusconismo e le culture di estrema destra. «Cosa c’è di destra nel consenso a Berlusconi?», si chiedeva del resto già nel 2002 Marcello Veneziani, passato dall’Msi al «partito del Cavaliere», nel volume La cultura della destra (Laterza), dandosi questa risposta: «C’è il triangolo vincente delle nuove destre: leadership forte, comunicazione diretta, democrazia efficace, senza mediazioni oligarchiche, ideologiche e partitiche. In una parola, populismo. In una accorta miscela di estremismo e moderazione, di arcaismo e ipermodernità, di liberismo e di comunitarismo». Un’evoluzione che ha modificato e non cancellato l’identità profonda dell’estrema destra, passata, secondo Veneziani, «da un riferimento elitario, aristocratico, a volte esoterico […] a un riferimento popolare, se non populista […] e una polemica costante verso le oligarchie intellettuali, politiche ed economiche». In questo contesto, e all’ombra della figura di Berlusconi, si è andato definendo il rapporto tra la destra radicale e quella di governo: non una semplice «divisione del lavoro», ma una serie di legami politici e personali che si sono sedimentati nel corso del tempo, a partire dalla condivisione di un humus culturale e ideale prima ancora che politico. Al punto che quando nel 2007 la più importante casa editrice del neofascismo italiano, le Edizioni Settimo Sigillo di Roma per lungo tempo legate all’area rautiana dell’Msi, ha deciso di pubblicare in un volume, Destra radicale firmato da Gerardo Picardo, una serie di interviste ai più importanti leader dell’estrema destra, è apparso chiaro come a modificare completamente la situazione di quest’area politica, lungamente pericolosa ma politicamente marginale, fosse stata proprio la comparsa di Berlusconi. Al punto che Nicola Cospito, tra gli animatori alla fine degli Settanta dei campi Hobbit, «luogo della memoria» del neofascismo e che, dopo aver fatto parte del comitato centrale dell’Msi, lasciò il partito a seguito della sua trasformazione in An nel 1995, sottolinea come «oggi la destra radicale, in profonda crisi politica e di identità, ha scelto di costituire un’appendice, sia pure estrema, del centro-destra di Fini e Berlusconi». Il radicalismo nero si è così trasformato in una sorta di avanguardia giovanile e radicale della coalizione berlusconiana, quando non ne è entrato esplicitamente a farne parte. Del resto, che si tratti del giudizio sul Duce, sul revisionismo storico (equiparazione tra repubblichini e partigiani) o sull’immigrazione, il Cavaliere sembra esprimere sempre un punto di vista non troppo lontano da quello dei neofascisti. Il suo «no alla società multietnica» è musica per le orecchie dei camerati. Che, senza dubbio, avranno più che gradito la difesa berlusconiana di Paolo Di Canio, calciatore con un «Dux» ben tatuato addosso. «Bandiera» della curva laziale, uno dei covi dell’estrema destra romana, Di Canio dopo una vittoria allo stadio Olimpico, si rivolge alla «sua» curva Nord col saluto romano. Gesto ricambiato da molti ultras. Sdegno generale, almeno a parole, per l’accaduto. Non per Berlusconi: «Un fenomeno di nessuna importanza. Paolo è un ragazzo per bene, non è fascista. Lo fa solo per i tifosi, non per cattiveria. Un bravo ragazzo, ma un po’ esibizionista». Per poi aggiungere che «il fascismo in Italia non è mai stato una dottrina criminale. Ci furono le leggi razziali, orribili, ma perché si voleva vincere la guerra con Hitler. Il fascismo in Italia ha quella macchia, ma null’altro di paragonabile con il comunismo». Sui blog dell’estrema destra si giubila per tanta apertura verso le loro storiche battaglie. Più tardi il Cavaliere si sentirà «da italiano» di rifiutare anche ogni accostamento tra Saddam Hussein e il Duce: «Mussolini non ha mai ammazzato nessuno», in fondo, alla peggio, «mandava la gente in vacanza al confino». «Ormai è uno di noi» avranno commentato i camerati. (28 gennaio 2013) http://temi.repubblica.it/micromega-online/berlusconi-a-noi/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+MicroMega-online+(MicroMega.net)

Berlusconi e il fascismo, Roberto Jonghi Lavarini (La Destra): "Bravo Silvio, hai detto quello che pensa la maggioranza degli italiani"

Berlusconi e il fascismo, Roberto Jonghi Lavarini (La Destra): "Bravo Silvio, hai detto quello che pensa la maggioranza degli italiani" - 28 gennaio 2013 - ARTICOLO - Le cronache politiche raccontano di un Silvio Berlusconi gaffeur piuttosto che impegnato a coltivare la frangia più estremista del proprio elettorato. Ma, puntuale, ecco arrivare la patente di “amico del fascismo”. E per di più da un candidato alla Camera dei deputati de La Destra, il movimento di Francesco Storace che del Pdl è alleato. Così scrive Roberto Jonghi Lavarini sul suo blog: “Bravo Berlusconi, ha semplicemente detto quello che pensa la stragrande maggioranza del popolo italiano, ovvero che, Benito Mussolini, a prescindere da alcuni gravi errori, per tutto il periodo precedente alla tragedia della seconda guerra mondiale, abbia governato bene e fatto tante cose buone e giuste, soprattutto riforme in campo sociale e grandi opere pubbliche, molte delle quali ancora utilizzate e ben visibili”. Il rapporto di Lavarini con Storace è di antica data, ma quello che viene definito a Milano il “Barone nero” si definisce “candidato indipendente”, oltre che “milanese, marito e padre, aristocratico, cattolico, laureato e imprenditore, ex dirigente di An e del Pdl”. A marzo del 2009, un articolo di Repubblica così lo descriveva: “Sostenitore delle destre germaniche, del partito sudafricano pro-apartheid (il simbolo è una svastica a tre braccia sormontata da un’aquila) […]è la cerniera tra la destra di palazzo e i militanti di Cuore nero è sempre il Barone nero. Sua l’idea di fondare, due anni fa, il primo centro sociale di estrema destra a Milano”. Cuore nero, per l’appunto. Già candidato con Alleanza nazionale alle comunali meneghine, Lavarini oggi ci riprova con Storace, che lo ha inserito nelle liste per Montecitorio della Lombardia 1. E sembra aver assai apprezzato le parole del capo della coalizione della quale fa parte: “Solo delle menti ottuse e faziose possono negare questa verità storica! – continua nel post del suo blog, inviato anche alla mailing list di simpatizzanti e giornalisti - Certamente bisogna condannare le leggi razziali ma non si può buttare via l'acqua sporca con il bambino! Il mio giudizio complessivo sul Fascismo è assolutamente positivo!”. A benedire le sue parole, l’esergo di una foto nella quale il Duce solleva affettuosamente un piccolo balilla (una delle tante varianti sul tema rintracciabili scorrendo il suo blog). Il suo movimento, “Destra per Milano”, si definisce “un gruppo di amici, quattro gatti neri”, del quale Lavarini è il portavoce. Già nel 2008 sostenne la corsa di Daniela Santanché candidata alla Presidenza del Consiglio proprio da Storace, mentre, in vista del 2013, ha auspicato “un’alleanza fra La Destra di Storace, la Fiamma Tricolore di Romagnoli e gli ex An del Pdl”. Operazione fallita: Fiamma tricolore non ce l’ha fatta ad accasarsi nell’alleanza berlusconiana. http://www.huffingtonpost.it/2013/01/28/berlusconi-e-il-fascismo-roberto-jonghi-lavarini-la-destra-_n_2565789.html?utm_hp_ref=italy

lunedì 28 gennaio 2013

"Patto per la Partecipazione".

Il Dott. Roberto Jonghi Lavarini, candidato indipendente ne La Destra di Francesco Storace, alla camera dei deputati, nella circoscrizione di Milano - Lombardia 1), ha ufficialmente aderito all'appello "PATTO PER LA PARTECIPAZIONE" promosso dal CESI (Centro nazionale di studi politici e di iniziative culturali, prestigioso sodalizio scientifico presieduto dal "corporativista" Prof. Gaetano Rasi, insigne studioso europeo, esponente culturale della destra sociale, già storico dirigente e parlamentare del Movimento Sociale Italiano). http://centrostudicesi.it/ - www.gaetanorasi.it
Contrastare una campagna elettorale priva di programmi. E’ necessario introdurre istituti di partecipazione per lo sviluppo. di Gaetano Rasi. I dibattiti della campagna elettorale in corso, invece di orientare gli elettori circa i programmi che ciascuna forza politica intende realizzare nella prossima legislatura, si limitano quasi esclusivamente ad irosi confronti fra i singoli personaggi che si confrontano. Malgrado l’Italia stia attraversando un lungo periodo di grave crisi politica ed economica e, in particolare, sia stata soggetta nell’anno trascorso ad un pesante interventismo fiscale che ha aggravato la depressione economica e le condizioni sociali dei cittadini, non vengono avanzati progetti tali da far riprendere quello sviluppo al quale il Paese ha diritto sia sul piano civile che su quello produttivo. L’Italia ha bisogno di radicali riforme nella sua struttura costituzionale e istituzionale e nella legislazione riguardante l’impresa, il lavoro e l’uso dei capitali. L’attuale Costituzione è insufficiente a rispondere alla dinamica civile ed economica che è stata impressa al nostro Paese, sia dalla sua appartenenza all’ U.E. e all’Eurozona, sia dal confronto sempre più aspro sui mercati aperti dovuto alla globalizzazione. Analogamente le sue istituzioni, in vari settori essenziali dello Stato - scuola, ricerca, giustizia, sanità, tutela del territorio, servizi pubblici e infrastrutture - sono arretrate. Specialmente nel campo della produzione e della politica economica e sociale l’Italia abbisogna di adeguati e risolutivi interventi in sede di efficienza delle attività produttive (agricole, industriali e terziarie), di coerente coordinamento nella programmazione economica centrale e periferica, di formazione professionale e di garanzie occupazionali. Tutto questo deve partire dalla base delle attività produttive - le imprese e le aziende - nelle quali deve realizzarsi una fattiva collaborazione organica tra capitale e lavoro e, quindi, una responsabile partecipazione alla gestione e agli utili in tutti i livelli operativi: dirigenziali, funzionali ed esecutivi. Vi è urgenza a questo riguardo perché la competizione all’interno e verso l’esterno dell’Europa sarà sempre più serrata e le merci e i servizi prodotti saranno sempre più soggetti ad un aspro confronto: il fattore lavoro sarà essenziale ai fini della produttività, ossia dell’apporto partecipativo, anche da parte del lavoratore che opera in ruoli modesti o di primo impiego, ai fini del continuo miglioramento dei processi produttivi , dell’innovazione di prodotto e della maggiore quantità di beni prodotti e commercializzati.. L’esperienza tedesca deve fare scuola. La Germania, a seguito della introduzione da molti anni nelle proprie imprese dell’istituto della cogestione e della partecipazione di tutti, investitori e lavoratori, agli utili ( mitbestimmung ), ha in Europa la più alta produttività quantitativa e qualitativa per cui, anche in periodo di crisi, regge i confronti con la produzione estera in settori strategici dello sviluppo. Tale positiva situazione istituzionale riguardante le imprese costituisce, oltre che un fattore di elevazione civile, pure un generale abbassamento dei costi fissi aziendali in quanto gli stipendi e i salari sono più contenuti rispetto alla media europea, mentre invece il contenuto reale della buste paga dei suoi lavoratori è molto più alto rispetto a quello degli altri lavoratori della U.E. Il Centro Nazionale di Studi CESI – facendo tesoro di tutta una scuola italiana di dottrina politica, sociale ed economica - fin dalla sua nascita sostiene la necessità dell’introduzione urgente nel nostro Paese dell’istituto partecipativo sopra descritto e pertanto lancia, in occasione della presente campagna elettorale, a tutti i candidati una appello perché sottoscrivano un impegno in tal senso.
APPELLO AI CANDIDATI NELLE ELEZIONI CHE SI SVOLGERANNO IL 24-25/02/2013 per: “UN PATTO PER LA PARTECIPAZIONE” Il CESI (Centro Nazionale di Studi Politici ed Iniziative Culturali), CONSTATATA La grave crisi del sistema produttivo nazionale con pesanti ricadute sui livelli occupazionali, sul tenore di vita dei lavoratori e delle loro famiglie e sul rapporto deficit/pil; EVIDENZIATA l’esigenza per l’economia italiana di attuare una maggiore produttività nelle imprese da raggiungersi attraverso sistemi di partecipazione alla gestione e agli utili (come sottolineato da numerosi esponenti del mondo sindacale dei lavoratori e dei datori di lavoro; da rappresentanti della cultura italiana, ed in particolare del mondo della scuola di ogni ordine e grado; da sociologi ed economisti, nonché da gran parte della stampa d’opinione e specialistica); PRESO ATTO delle Linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia sottoscritto il 16 novembre 2012 dalle maggiori confederazioni sindacali dei lavoratori - UGL, CISL e UIL - e dalla maggior confederazione industriale italiana - la Confindustria - secondo le quali è necessario «dare attuazione alle misure per la partecipazione nelle imprese ». FA APPELLO ai candidati impegnati nelle elezioni politiche del 24-25 febbraio 2013, perché sottoscrivano un Patto finalizzato a realizzare già nella prossima legislatura istituti partecipativi nelle imprese pubbliche e private, secondo quanto richiesto dal dettato dall’art.46 dell’attuale Costituzione Italiana in vigore dal 1948 e mai introdotti nei trascorsi 65 anni: «Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende». Il presente Appello é stato sottoscritto dagli aderenti al Centro studi CESI; dai dirigenti della UGL che si richiamano ai valori dell’ etica e della partecipazione ed è aperto alla sottoscrizione di quanti - enti, gruppi, associazioni e persone singole - ne condividono i contenuti. Le adesioni possono pervenire sia direttamente per e-mail (cesi.studieiniziative@gmail.com) sia in qualunque altro modo della rete online, oppure, per esempio, attraverso articoli e comunicati stampa. Sarà gradita la segnalazione del proprio indirizzo e.mail .
Testo del Patto da sottoscrivere: PATTO PER LA PARTECIPAZIONE Il sottoscritto, candidato nelle elezioni politiche che si svolgeranno il 24-25 febbraio 2013 RIAFFERMATO quanto previsto dall’art.46 della Costituzione della Repubblica Italiana riguardante il principio fondamentale del “diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge, alla gestione delle imprese”; DICHIARA DI CONDIVIDERE gli “orientamenti partecipativi”, presenti nell’impianto costituzionale italiano, con particolare riguardo al ruolo del C.N.E.L. (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), quale organo di rappresentanza delle categorie produttive e pertanto PRENDE ATTO della necessità di una riforma della struttura dell’impresa, finalizzata a realizzare l’integrazione di tutti i fattori produttivi che concorrono all’attività delle aziende stesse; SI IMPEGNA nell’ambito del suo mandato parlamentare, a favorire tutti gli atti legislativi che possano portare alla realizzazione della partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili delle imprese e nonché ad un più diffuso processo di integrazione sociale ed in particolare: a) favorendo la formazione tecnico-gestionale dei lavoratori e quindi le condizioni per trasformare il lavoro da rapporto di scambio a rapporto a struttura associativa; b) individuando forme di partecipazione sociale, che, dal territorio, favoriscano il superamento dei fattori di criticità esistenti nonché la partecipazione delle categorie dei lavoratori e dei datori di lavoro alla programmazione dello sviluppo nazionale; c) affermando, attraverso la difesa ed il rilancio del ruolo del C.N.E.L., la partecipazione dei lavoratori al governo generale dell’economia e della società. DICHIARA che quanto sopra esposto è condiviso anche al fine di dare risposta giuridico-istituzionale alla domanda del popolo italiano di partecipazione democratica del lavoro - in tutte le sue forme (categorie dei lavoratori dipendenti, autonomi, professionali ed imprenditoriali) - alla rappresentanza politica in sede parlamentare e quindi legislativa. In fede,_____________________________________ (indicare: nome e cognome, lista nella quale si candida, indirizzo postale, telefonico ed e-mail).

Intervista a Roberto Jonghi Lavarini.

Intervista a Roberto Jonghi Lavarini (La Destra-Storace). - 26 gennaio 2013 - Profilo del candidato: 40 anni, milanese, marito e padre, aristocratico, cattolico, laureato e imprenditore, ex dirigente di AN e del PDL, si presenta in lista alla Camera dei Deputati nella circoscrizione elettorale di Milano (Lombardia 1) con La Destra di Francesco Storace, nella coalizione di centro-destra di Silvio Berlusconi. D – Ma non avevi detto addio alla politica? Ed ora sei candidato alla camera… R – Ma no, ho detto addio al PDL ma alla politica solo arrivederci. E, dopo una breve pausa di riflessione, sono tornato alla carica. Per me la politica è una forte passione (mi sono iscritto al MSI a quattordici anni), ma la sento anche come un preciso dovere morale. Lamentarsi della situazione di generale degrado e poi non fare nulla per cambiare le cose, è troppo comodo, se non vile, bisogna, al contrario, impegnarsi, dedicarci tempo ed energie, combattere in prima persona. D – Quindi sei passato, con il tuo gruppo, con La Destra di Francesco Storace… R – Precisiamo: mi candido come indipendente nella sua lista, a sostegno del progetto Itaca di Marcello Veneziani, per la riunificazione politica della destra italiana. La Destra si è ufficialmente impegnata a convocare, dopo le elezioni, un congresso costituente, aperto a tutta l’area ed a tutti gli Italiani di buona volontà. Bisogna costruire un grande Fronte Nazionale, popolare e sociale, sul modello di quello francese di Jean Marie e Marine Le Pen, dei quali, mi onoro, di essere amico. D – E perché con La Destra e non con i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni? R – Loro dicono di non essere di destra e di rifarsi al partito popolare europeo e, poi, sono la scissione dell’ultimo minuto, dopo avere sostenuto il governo Monti per mesi. La Destra su questi due punti, per me fondamentali, è decisamente più coerente e credibile. Per il resto non mi faccia parlare, del resto, i Fratelli d’Italia sono nostri alleati… D – No: il “Barone Nero” non può ritirarsi e non rispondere alla mia domanda… R – Eh va bene. Penso che Fratelli d’Italia sia soprattutto una operazione di apparato, per salvare la piccola casta di una corrente e le loro, spesso immeritate, rendite di posizione; basta vedere chi sono i loro candidati: tutti mestieranti della politica, ben remunerati, con più incarichi e mandati. Soddisfatto? Ma, ora, parliamo d’altro, per favore! D – Cosa mi dici della frammentazione della destra radicale in cinque liste? R – Una vera follia, un suicidio politico. Il voto dato a queste listarelle dello zero virgola è, non solo del tutto inutile (perché non hanno alcuna speranza di ottenere degli eletti) ma, persino dannoso, perché essendo al di fuori della coalizione di centro-destra, avvantaggiano, anche se indirettamente, il vero nemico del nostro popolo, ovvero l’infame alleanza mondialista del “Monti dei Paschi di Siena”, fra il compagno Bersani ed il banchiere Monti. Il voto a La Destra è, non solo, fortemente identitario ma anche utile, direi decisivo, per difendere la nostra sovranità nazionale, ed impedire una alleanza di governo fra la sinistra post-comunista e giacobina ed i poteri forti del capitalismo finanziario internazionale. http://www.partecipami.it/users/viewprofile/47/int

Jonghi (La Destra): "Bravo Berlusconi su Mussolini".

Bravo Silvio Berlusconi, ha semplicemente detto quello che pensa la stragrande maggioranza del popolo italiano, ovvero che, Benito Mussolini, a prescindere da alcuni gravi errori, per tutto il periodo precedente alla tragedia della seconda guerra mondiale, abbia governato bene e fatto tante cose buone e giuste, sopratutto riforme in campo sociale e grandi opere pubbliche, molte delle quali ancora utilizzate e ben visibili. Solo delle menti ottuse e faziose possono negare questa verità storica! Certamente bisogna condannare le leggi razziali ma non si può buttare via l'acqua sporca con il bambino! Il mio giudizio complessivo sul Fascismo è assolutamente positivo! Roberto Jonghi Lavarini (Candidato alla Camera dei Deputati, come INDIPENDENTE ne LA DESTRA di Storace, nella Circoscrizione Lombardia 1 - Milano)

venerdì 25 gennaio 2013

"La Destra torna ad Itaca..."

ARTICOLO – 25 gennaio 2013 - LA DESTRA TORNA AD ITACA? - Il “barone nero” non molla e, nonostante il proliferare di liste di destra alle imminenti elezioni (spuntano come funghi, almeno cinque quelle nazionali, più una decina a livello locale), continua tenacemente a sostenere la, oramai mitica, unità d’area. Un vero e proprio tormentone, un mantra che continua a recitare oramai da anni, inutilmente, almeno per ora. L’ultimo appello, firmato oltre che dallo stesso Roberto Jonghi Lavarini (ricordiamo portavoce del comitato Destra per Milano e candidato indipendente con La Destra di Francesco Storace), è stato sottoscritto da altri due noti esponenti della “nobiltà nera”, il “patrizio romano” conte prof. Fernando Crociani Baglioni ed il “conte grappa” Alessandro Romei Longhena, rispettivamente candidato al senato con Fratelli d’Italia nel Lazio e dirigente nazionale della Fiamma Tricolore, tutti e tre storici militanti della destra missina. I “fascio aristocratici” si rivolgono a Storace, Giorgia Meloni e Luca Romagnoli, chiedendo loro, dopo le elezioni politiche, e comunque entro il 2013, la convocazione di un congresso costituente, aperto a tutte le realtà politiche interessate alla riunificazione ed al rilancio della destra italiana. Peraltro, medesimo appello, l’aveva lanciato, mesi orsono, lo scrittore Marcello Veneziani sul quotidiano Il Giornale, seguito a ruota dal giornalista Renato Besana su Libero ma l’invocato “ritorno ad Itaca” (ovvero alle origini) ha avuto un seguito assai scarso: oltre ai sopracitati, solo intellettuali d’area e, a livello locale, alcuni piccoli circoli culturali. Alla fine, Veneziani, dopo avere sostenuto la Meloni nel fallito tentativo di primarie del PDL, ha invitato i suoi lettori a votare, in difesa della sovranità nazionale, per La Destra di Storace ed il vulcanico Jonghi lo ha preso in parola, candidandosi ed iniziando ad invadere internet, in particolare i social network, con i suoi proclami patriottici, demodé ma spassosissimi. - http://www.destraitalia.it/i_politica.asp/127

giovedì 24 gennaio 2013

Appello alla unità della destra italiana.

Appello alla unità della “destra italiana” - 24 gennaio 2013. A queste elezioni ci presentiamo, purtroppo, ancora divisi in liste concorrenti ma, nella realtà e nella sostanza, siamo uniti dalle stesse radici storiche e culturali e da una comune visione aristocratica e spirituale della vita e del mondo. Fedeli alla Tradizione ed ai Valori della nostra Civiltà europea e cristiana, crediamo nella nobiltà della Politica e, con cavalleresco spirito di servizio e patriottico senso del dovere, combattiamo la medesima buona battaglia ideale, in difesa della giustizia sociale, della sovranità nazionale, della identità, della sicurezza e del benessere del nostro popolo. Per questo, accogliendo l'appello di Marcello Veneziani, sosteniamo il Progetto Itaca di Renato Besana e chiediamo a Giorgia Meloni, Francesco Storace e Luca Romagnoli, di convocare, congiuntamente, dopo le elezioni politiche, un grande Congresso Costituente, aperto al libero contributo di tutti (nessuno escluso), che, partendo dalla base militante, dal territorio e dalla società civile (categorie professionali, intellettuali, mondo dello sport e del volontariato), porti, finalmente, alla riunificazione ed al rilancio culturale e politico della “destra italiana”, secondo rigorosi criteri di partecipazione, trasparenza, meritocrazia, rappresentatività, rinnovamento nominale e generazionale. Firmato da: Fernando Crociani Baglioni (Fratelli d’Italia), Roberto Jonghi Lavarini (La Destra), Alessandro Romei Longhena (Fiamma Tricolore). Adesioni, informazioni e contatti: destrapermilano@gmail.com - http://www.progetto-itaca.it/

mercoledì 23 gennaio 2013

Roberto JONGHI con la DESTRA.

ROBERTO JONGHI LAVARINI: 40 anni, felicemente sposato con Veronica, due figlie (Beatrice e Ludovica, di 11 e 6 anni), Laureato in Scienze Politiche, Consulente Immobiliare, Cristiano Cattolico praticante, aristocratico nazionalpopolare, fedele alla Tradizione, attivo in diverse associazioni (professionali, culturali, sociali e di volontariato), in sodalizi patriottici ed ordini cavallereschi. 26 anni di coerente militanza nella destra, è stato: Segretario Provinciale del Fronte della Gioventù di Milano, Dirigente Provinciale del Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante, Dirigente Regionale di Alleanza Nazionale e della Fiamma Tricolore di Pino Rauti, Consigliere Circoscrizionale del Comune di Milano e Presidente della Zona Porta Venezia. Attualmente non è iscritto a nessun partito e sostiene ITACA, il progetto unitario e costituente, di Marcello Veneziani, per il rilancio culturale e politico della destra italiana. A queste elezioni 2013 è candidato alla camera dei deputati come INDIPENDENTE nelle liste de LA DESTRA di Francesco Storace. INFO: www.robertojonghi.it CONTATTI: robertojonghi@gmail.com
Contro la plutocrazia mondialista, la sinistra comunista e giacobina, il trasformismo della partitocrazia, i parassiti della casta, il relativismo e la decadenza dell’occidente. In difesa della nostra Civiltà Europea e Cristiana, della giustizia sociale, della sicurezza e del benessere del nostro popolo. A sostegno della sana borghesia produttiva del nord, delle famiglie e delle imprese italiane, della meritocrazia, del rinnovamento della classe dirigente, del presidenzialismo e del federalismo fiscale. Ma per cambiare davvero servono uomini liberi, coerenti e coraggiosi, Valori forti, idee chiare ed azioni decise. Per questo, con patriottico senso del dovere e cavalleresco spirito di servizio, per amore delle mie figlie, mi sono candidato, come indipendente, con La Destra di Francesco Storace, nella rinnovata coalizione di centro-destra. F.to Roberto Jonghi Lavarini - robertojonghi@gmail.com

venerdì 18 gennaio 2013

"Nessun nemico a destra!"

Grande successo per il dibattito che si è tenuto, ieri sera, presso la nuova sede de La Destra di Milano, nella centralissima Porta Venezia. Una alta, eterogenea e qualificata partecipazione ha caratterizzato la interessante ed animata tavola rotonda dove si è parlato, innanzitutto, di valori, di idee e di cultura, prima che di buona politica e delle imminenti elezioni. Hanno preso liberamente la parola una quarantina di persone, non solo diversi dirigenti e candidati, ma, soprattutto, militanti ed intellettuali, simpatizzanti ed anche semplici curiosi ed indecisi venuti ad esprimere il proprio pensiero e ad ascoltare le proposte politiche de La Destra. Fra i presenti, segnaliamo, a titolo esplicativo ed in rigoroso ordine alfabetico: Fabrizio Anile, Francesco Cappuccio, Andrea Colella, Silvia Comneno d’Otranto, Eliana Farina, Massimo Furia, Francesco Lauri, Beppe Mambretti, Giuseppe Manzoni di Chiosca e Poggiolo, Tullio Trapasso, Benedetto Tusa e Antonio Vinci. Tutti i convenuti, sostenitori del Progetto Itaca di Marcello Veneziani e Renato Besana, sosterranno La Destra che, in Direzione Nazionale, a partire dal presidente Teodoro Buontempo e dal segretario Francesco Storace, si è ufficialmente impegnata a convocare, dopo le elezioni, un “Congresso Costituente” per la riunificazione ed il rilancio della destra italiana. Una fase costituente che, questa volta, per essere veramente efficace e duratura, hanno tutti convenuto, deve partire dalla base, dalla militanza e dal territorio, aprendosi al contributo di tutti (nessuno escluso), secondo rigorosi criteri di partecipazione, trasparenza e meritocrazia. “Nessun nemico a destra, deve essere la nostra posizione, anche in questa difficile campagna elettorale, dove, i veri nemici del nostro popolo e della nostra nazione, sono la plutocrazia mondialista, la sinistra comunista e giacobina e la casta della partitocrazia.” ha dichiarato il promotore della appassionata serata (definita, in termini tradizionali, “cavalleresca tavolo rotonda”), Roberto Jonghi Lavarini (presidente di Destra per Milano e candidato indipendente alla camera dei deputati) che ha auspicato, dopo una forte affermazione de La Destra, la costituzione di un comune fronte nazional-popolare che vada dalla Fiamma Tricolore di Luca Romagnoli ai Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

giovedì 17 gennaio 2013

Elezioni 2013: il "Barone Nero" con LA DESTRA di Storace.

ATUTTADESTRA - INFORMAZIONE - Il “Barone Nero” Roberto Jonghi Lavarini Freiherr von Urnavas, storico e vulcanico esponente della destra missina milanese, noto per le sue molteplici e provocatorie iniziative politiche, già presidente “mussoliniano” di zona tre (Porta Venezia) in quota AN, fondatore del primo centro sociale di destra “Cuore Nero” (distrutto da un vile attentato incendiario), primo accusatore dei vertici del PDL per la candidatura di Nicole Minetti e la pessima selezione della classe dirigente, è uno dei candidati di punta de La Destra di Francesco Storace alla Camera dei Deputati. Il candidato Jonghi (ben disponibile ad intervenire ed animare interviste, incontri e dibattiti, anche televisivi) assicura una campagna elettorale estremamente vivace e provocatoria, sopratutto contro i “poteri forti”, i trasformisti ed i mestieranti della politica, e le bugie del sindaco comunista Giuliano Pisapia. http://www.atuttadestra.net/index.php/archives/174386
ROBERTO JONGHI LAVARINI: 40 anni, felicemente sposato con Veronica, due figlie (Beatrice e Ludovica, di 11 e 6 anni), Laureato in Scienze Politiche, Consulente Immobiliare, Cristiano Cattolico praticante, aristocratico nazionalpopolare, fedele alla Tradizione, attivo in diverse associazioni (professionali, culturali, sociali e di volontariato), in sodalizi patriottici ed ordini cavallereschi. 26 anni di coerente militanza nella destra, è stato: Segretario Provinciale del Fronte della Gioventù di Milano, Dirigente Provinciale del Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante, Dirigente Regionale di Alleanza Nazionale e della Fiamma Tricolore di Pino Rauti, Consigliere Circoscrizionale del Comune di Milano e Presidente della Zona Porta Venezia. Attualmente non è iscritto a nessun partito e sostiene ITACA, il progetto unitario e costituente, di Marcello Veneziani, per il rilancio culturale e politico della destra italiana. A queste elezioni 2013 è candidato alla camera dei deputati come INDIPENDENTE nelle liste de LA DESTRA di Francesco Storace. INFO: www.robertojonghi.it CONTATTI: robertojonghi@gmail.com

giovedì 10 gennaio 2013

Con LA DESTRA per Milano.

“Una scelta di coerenza, coraggio e chiarezza” - GIOVEDI 17 GENNAIO 2013 – ORE 21.00 -Presso la nuova sede della Federazione Provinciale de La Destra - Piazza Oberdan 3 – Milano – Porta Venezia (citofono 23): Incontro – Dibattito con ANDREA COLELLA, ROBERTO JONGHI LAVARINI, FRANCESCO LAURI, BEPPE MAMBRETTI e RENATO SANTIN. Interverrà il nuovo Segretario Cittadino di Milano: Avv. BENEDETTO TUSA. Informazioni ed adesioni: destrapermilano@gmail.com - http://destrapermilano.blogspot.it/

In ricordo di Nico Azzi.

10 Gennaio 2007 – In ricordo di Nico Azzi L’amore fra la destra e San Babila, una Piazza di Milano collegata alla centralissima Piazza Duomo, scoppiò alla fine degli anni sessanta. Una sorta di sede aggiuntiva dei locali della Giovane Italia, organizzazione studentesca legata al Movimento Sociale Italiano, e del raggruppamento giovanile di Corso Monforte. In quel periodo fu inventato da alcuni cronisti milanesi il termine “Sanbabilino” per definire i neofascisti che stazionavano la Piazza. Una nuova generazione di militanti di estrema destra che decise di seguire la strada della piazza. Dalle sedi di partito si spostarono nei bar. I più noti furono “Motta”, sotto i portici all’angolo con Corso Vittorio Emanuele, “Borgogna” e “Padrinis” dalla parte del Corso Matteotti. Lo zoccolo duro era composto da Maurizio Murelli, Gianni Nardi, Giancarlo Esposti, Davide Petrini, Vittorio Loi, Riccardo Manfredi, Giovanni Ferorelli, Alessandro D’Intino, Rodolfo Crovace e Nico Azzi. Quest’ultimo nacque in un piccolo paese in provincia di Mantova, Serravalle a Po, il 31 luglio del 1951. Sin da giovane aderì alle Sam, Squadre d’Azione Mussolini, avvicinandosi poi, come collaboratore del periodico La Fenice, ad Ordine Nuovo. I vertici del Movimento Sociale Italiano e del Fronte della Gioventù organizzarono per il 12 aprile del 1973 una manifestazione, a Milano, con un comizio di Ciccio Franco, leader dei Moti di Reggio Calabria. Lo scopo della manifestazione era “dimostrare contro la violenza rossa”. La Questura pose il veto all’evento poco prima dell’inizio della sfilata per motivi di ordine pubblico vista anche la partecipazione dei militanti più duri appartenenti ad Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo e Lotta di Popolo provenienti da tutta Italia. La tensione era altissima. Pochi giorni prima, il 7 aprile, alcuni militanti tentarono di effettuare un attentato sul direttissimo Torino – Genova – Roma. Proprio Nico Azzi rimase ferito, e successivamente arrestato, nel maldestro tentativo di installare un ordigno sul treno, dopo che si era volontariamente fatto notare con una copia del giornale Lotta Continua in tasca, al fine di operare un’azione di depistaggio preventivo. Mezzo chilogrammo di tritolo, innescato erroneamente, era in parte esploso. Nonostante il divieto, i manifestanti si radunarono intorno alle diciassette e trenta marciando verso la Questura, per protestare contro il divieto. In assetto antisommossa fu schierato il terzo reparto Celere. Durante la parata vi furono diversi atti di violenza e assaltata la Casa dello Studente di viale Romagna ritenuto un luogo legato alla sinistra milanese. Dalla folla furono lanciate due bombe a mano contro i celerini. La prima, colpì un passante e un agente di pubblica sicurezza ferendoli non gravemente. La seconda, invece, colpì l’agente Antonio Marino, ventidue anni di origine casertane, uccidendolo sul colpo. Centocinquanta militanti furono arrestati e iscritti nel registro degli indagati dal Sostituto Procuratore della Repubblica Guido Viola. Ottanta furono subito rilasciati, mentre per gli altri settanta si proseguirono le indagini. Gli arrestati furono incriminati per ricostituzione del Partito Fascista ma le condanne furono poche e di leggera entità. Il 9 marzo del 1977 due giovani neofascisti, Maurizio Murelli e Vittorio Loi, figlio del popolare campione di pugilato Dulio Loi, furono riconosciuti colpevoli e condannati a rispettivamente a diciannove e diciotto anni di reclusione, mentre Nico Azzi fu condannato, poi rinviato a giudizio l’11 aprile del 1995, per l’attentato al treno e il possesso di materiale esplosivo, a quindici anni di carcere oltre al danno fisico permanente. Saldato il debito con la giustizia, Nico Azzi, rimase sempre legato alla destra estrema ricoprendo ruoli marginali. Poco dopo si unì in matrimonio con Maria Luisa con la nascita della figlia Matilde. Nel 1997 fu nuovamente arrestato per false dichiarazioni nell’ambito dell’inchiesta di Piazza Fontana. Il provvedimento fu chiesto dal Pubblico Ministero ed emesso dal Gip al termine di un drammatico interrogatorio con oggetto legami tra esponenti di Ordine Nuovo e Agenti dei Servizi Segreti. Nico Azzi si oppose fortemente nel fornire i nomi affermando di non riconoscersi in quello Stato. Da alcuni anni si era avvicinato al movimento Forza Nuova di Roberto Fiore. A causa di un improvviso attacco cardiaco, Nico Azzi, si spense, all’età di cinquantacinque anni, la sera del 10 gennaio del 2007. I solenni funerali furono celebrati due giorni dopo nella Basilica di Sant’Ambrogio, dove la figlia Matilde frequentava assiduamente l’oratorio accompagnata dal padre. Tante polemiche sulla concessione della Chiesa da parte dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e della sinistra più estrema. All’esterno della Cattedrale, tanti giovani ma anche vecchi amici ormai con i capelli bianchi. Saluti fascisti e bandiere nere e rosse con la croce celtica. All’interno, invece, le prime due file di banchi erano occupate da bambini, compagni di scuola della piccola Matilde a ricordare che Nico Azzi fu un padre affettuoso e premuroso. Sulla bara, un cuscino di margherite bianche e il tricolore con, al centro, l’aquila rampante sul fascio littorio. Intorno un picchetto di quattro giovani con bomber, anfibi e testa rasata. Tra la folla alcuni volti noti come Ignazio e Romano la Russa e il leader della curva rossonera Gianfranco Capelli. Due anni dopo, il Centro Studi Storici e Politici Internazionali “Patria e Libertà” di Milano, inaugurò la “Biblioteca – Nico Azzi” costituita dai libri che il camerata donò in eredità alla sezione. www.libero-mente.blogspot.com libero-mente@libero.it carminecetro@gmail.com

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giovedì 3 gennaio 2013

II Festa della Associazione Culturale Miles.

La stampa durante la Repubblica Sociale Italiana.

VOLUME “LA STAMPA NELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA” La stampa nella Repubblica Sociale Italiana. Autore: Massimo Zannoni Casa editrice: Edizioni Campo di Marte (Parma) Pagine: 288 Illustrazioni in bianco e nero su carta patinata. Formato: 24x17 Costo: 25 euro Il volume affronta in maniera circostanziata il variegato panorama della stampa periodica della Repubblica Sociale Italiana. Nella prima parte, dopo un’indispensabile introduzione dedicata ai cosiddetti “45 giorni di Badoglio”, si tratta la storia della stampa dal settembre 1943 all’aprile 1945. Il capitolo terzo è interamente dedicato alla presentazione di tutti i quotidiani della RSI suddivisi per regioni. Nella seconda parte si procede all’analisi dei vari periodici (anche in lingua straniera) pubblicati o diffusi nel territorio della Repubblica Sociale Italiana (senza dimenticare alcuni giornali destinati agli italiani all’estero). Queste le categorie in cui le pubblicazioni vengono suddivise: la stampa del PFR (divisa per regioni); i periodici delle Forze Armate; i periodici d’informazione; i periodici politici, culturali e scientifici; i periodici giovanili; i periodici del mondo dell’economia e del lavoro; i periodici femminili; i periodici di spettacolo e sport; i periodici umoristici e d’intrattenimento; i periodici in lingua straniera (prevalentemente in lingua tedesca, ma anche russa, slovena, francese, slovacca, ecc.). L’ultimo capitolo del libro è dedicato ai riflessi sulla stampa dei rapporti tra Chiesa cattolica e R.S.I. L’appendice presenta i dati di ben 437 periodici (alcuni dei quali mai menzionati in altri testi), spaziando dal settore politico a quello sportivo. Alla parte iconografica è stata data la dovuta importanza, riproducendo, in 48 pagine di immagini sia a colori sia in bianco-nero, anche alcune pubblicazioni che erano da anni considerate irreperibili e semplicemente oggetto di citazioni generiche. Onde non limitare la panoramica della stampa ad un elenco di testate, vengono frequentemente inserite varie citazioni tratte dalle pubblicazioni in oggetto. Tali citazioni sono finalizzate al tentativo di agevolare il lettore nel tentativo di percepire il “clima” in cui operava la stampa della R.S.I. Il libro sarà inserito nel catalogo Tuttostoria (Albertelli editore) del gennaio 2013. Per un accordo legato alla disponibilità della casa editrice, tutti gli introiti del libro saranno destinati al Circolo Culturale Filippo Corridoni. Ordinando direttamente al Circolo si può ricevere il libro versando una quota minima di 22 euro (comprensive delle spese di spedizione come “piego di libri”) utilizzando il CCP n. 12231445 - Intestato a Circolo Culturale - Filippo Corridoni - Casella postale 109 – 43121 - Parma oppure con bonifico sullo stesso CCP con il codice IBAN IT65 P076 0112 7000 0001 2231 445 Per informazioni: filippocorridoni@libero.it