mercoledì 29 gennaio 2014

Camerata BLAS PINAR: Presente!

 
 
 
 
 
Onore al Camerata BLAS PINAR LOPEZ, già Ministro del Governo del Generalissimo Francisco Franco, Dirigente della Falange Spagnola, fondatore, presidente ed editore di Fuerza Nueva, storico alleato ed amico del MSI di Almirante e Romualdi e del Front National di Jean Marie Le Pen e, con loro, fondatore della prima Destra Europea. PRESENTE!
 
 


 

 

 

"Scherma storica, il metodo di spada italiana" di Antonio Merendoni




venerdì 24 gennaio 2014

Giorno del Ricordo 2014


ONORE e FEDELTA'

 
 
MEMENTO
Tenente HIROO ONODA
Esercito Imperiale Nipponico
 
 
Arresosi nelle Filippine nel 1974 solo su ordine del suo superiore diretto.
Dovere, Onore, Fedeltà
 
Nel 1974, 29 anni dopo la fine della guerra e della resa del Giappone, il tenente Hiroo Onoda dell’esercito Imperiale Nipponico si arrese consegnando la sua spada al presidente delle Filippine e solamente dopo un preciso ordine di quello che nel 1942 era stato il suo comandante diretto e che, dopo la conquista di Mac Arthur delle Filippine, gli aveva ordinato di organizzare azioni di guerriglia contro il nemico.
Perché tanto accanimento e tanta determinazione che risultano incomprensibili nella cultura di oggi?
Semplicemente perché il Tenete Hiroo Onida non aveva più ricevuto nessun altro ordine e soprattutto non quello che gli permettesse di porre fine personalmente ad una guerra che per quanto gli constava era ancora in atto.
Certamente il tenente Hiroo Onoda avrà avuto dei dubbi, si sarà chiesto mille volte perché nessuno si ponesse in contatto e perché nessun sviluppo della guerra riguardasse la sua zona d’azione, ma non si chiese mai se fosse il caso di smettere di combattere per la Patria e per l’Imperatore, di lasciare perdere, di arrendersi …!
Commisurato ai criteri di giudizio della società moderna, il tenente Hiroo Onoda sarebbe oggi giudicato un pazzo, un illuso, un cretino e la cosa é assolutamente comprensibile dati i disvalori cui essa si ispira, la superficialità dei sentimenti che prova ed il vuoto di valori veri cui si ispira!
Ma il tenente Hiroo Onoda  era cresciuto in un’altra terra, in altri tempi e con altri valori tra i quali DOVERE, ONORE E FEDELTÀ non erano vecchie parole obsolete e prive di significato, ma i cardini su cui poggiava la dignità di un uomo e senza i quali nulla lo avrebbe più distinto dagli animali!
Per un soldato come il tenente Hiroo Onoda era stato naturale eseguire alla lettera gli ordini del suo diretto superiore così come lo era stato per i tre soldati che sopravvissero per tanti anni con lui a combattere nella giungla filippina per obbedire agli ordini!
Noi ci rendiamo perfettamente conto che personaggi come il tenente Hiroo Onoda sono oggi fuori moda, fuori tempo e soprattutto improponibili come esempi per il mondo in cui viviamo e per le persone che ci circondano, ma vogliamo ugualmente ricordarlo sia per ringraziarlo della inestimabile lezione morale che ha saputo darci, che per sottolineare che nella vita non è vero che esistano solamente le carriere, il tornaconto personale, il divertimento, lo sballo, la ruffiana sottomissione interessata ai potenti, la bigotta osservanza formale delle regole sociali, ma che ci sono anche valori come dovere, onore e fedeltà che se praticati innalzano l’uomo a vette morali che colpiscono e commuovono coloro che hanno la fortuna di assistervi ..!

La verità sulla infame strage comunista di Via Rasella


 
 
Sabato 22 marzo 2014 verrà presentato a Bolzano il libro "Via Rasella e le Fosse Ardeatine, una Storia da riscrivere ?" di Luigi Iaquinti.
La conferenza verrà organizzata dall'A.N.M.I. locale ( Via S.Quirino 50/a) insieme ad altre Associazioni D'Arma, allo scopo di ricordare i 46 caduti della XI Compagnia Bozen.
L'occasione si presenta unica nel suo genere in quanto è una rivisitazione storica di un tragico evento che ha segnato la Storia d'Italia e dell'Alto Adige, tanto che vi sono targhe e lapidi che ne testimoniano il dolore.
A San Giacomo , confinante con l'aeroporto di Bolzano c'è la lapide a memoria dei 33 soldati caduti e pure nel Santuario di Pietralba di Nova Ponente.
Questo comunicato vuole essere un servizio inteso ad avvisare gli eventuali pochi veterani ancora viventi ,ma soprattutto i parenti dei soldati caduti e dei superstiti (non più in vita), di questa cerimonia, a cui essi, in qualità di affiliati dell'SKFV (Associazione Vittime di Guerra e Combattenti di Bolzano), hanno ben diritto a partecipare. (ad esempio: viene nominato il soldato Lois Rauter che perse un braccio a seguito dell'attentato di Via Rasella).
"VIA RASELLA e le FOSSE ARDEATINE una storia da riscrivere?"
Il libro scritto da Luigi Iaquinti è principalmente mosso da un atto di memoria nei confronti del suo pro-zio Antonio Chiaretti appartenente alla formazione Bandiera Rossa e perito nell'attentato di Via Rasella del 23.03.1944 ( egli fu infatti insieme al piccolo Pietro Zuccheretti di 13 anni, la seconda vittima civile dell’attentato e accertata attraverso un procedimento giudiziario). Il saggio di 305 pagine esplora in maniera efficace questa “pagina” triste e dolorosa della nostra Storia contemporanea; altresì ci da la misura di come si sono verificati realmente i fatti, andando anche a "smontare" castelli di verità fino ad ora considerati incontestabili, ma che alla luce dell'esame di nuove fonti e nuove analisi, hanno assunto ben altri risvolti. Per quanto precede il libro è da leggere ed è da tenere sempre vicino perchè è un esempio di come la Storia debba essere rilevazione di fatti reali ed oggettivi al di là dei pensieri e delle opinioni dei personaggi coinvolti.
Iaquinti in questo senso dopo diversi anni passati a cercare nelle varie Biblioteche, Musei e Cimiteri ha ricomposto un "puzzle" che gli vale sicuramente il plauso di avere ridato alla Storia ciò che lei ha prodotto realmente. Mi limito a citare, a mo' di “flash”, le persone ed i fatti che meritano nota ed attenzione:
- i 33 soldati della XI Compagnia del Reparto Bozen che perirono subito nell'attentato di Via Rasella del 23/3/1944, erano tutti soldati AltoAtesini e il loro numero salì fino a 46 soldati;
- i 335 trucidati presso le Cave Ardeatine, per il principio della rappresaglia nel rapporto di 1:10 sarebbero dovuti essere 330 e non come poi furono 335;
- i 5 italiani fucilati in più (per errore in quanto sfuggirono dalla conta che doveva essere precisa dei teutonici) furono la causa del processo intentato contro il T.Colonnello Herbert Kappler nel 1948 e per il quale fu condannato all'ergastolo come responsabile unico della Rappresaglia;
- ci si domanda perchè 50 anni dopo si è riversata tutta una nuova e più grande responsabilità sul Capitano Erich Priebke addirittura accusandolo dopo la sua morte di essere stato l'autore materiale e morale delle 335 vittime...???!!;
- perchè vi sono stati nel tempo due diversi ordini di giudizio sull’attentato: infatti il Tribunale Penale di Roma nel 1998 ha dichiarato che l'attentato di Via Rasella non poteva qualificarsi come atto legittimo di guerra, questa sentenza fu “sconfessata” però dalla Suprema Corte di Cassazione che ha affermato che, invece, si è trattato di una azione legittima di guerra, da lì la condanna al quotidiano "Il Giornale" per rifondere i parenti di Rosario Bentivegna, in quanto secondo loro era stata non doverosamente ricordata la fulgida figura dell'eroe, legittimo combattente di guerra..!
Bene, finalmente prima o poi la Verità esce libera, e questo libro ne è la prova, oltretutto, e mi piace ricordarlo verrà presentato per la 1a Volta a titolo ufficiale a Bolzano il 23 marzo 2014 come un atto di rispetto e di memoria verso quei 46 soldati altoatesini originari proprio della provincia di Bolzano.

Nonostante negli anni siano stati oggetto di molteplici studi e ricerche storiche, questi eventi romani del Novecento non smettono di essere al centro di polemiche irrisolte. Nello specifico Iaquinti intende oltrepassare la vulgata diffusa, cercando di raggiungere una lettura oggettiva dei fatti – per quanto l’oggettività sia possibile nello studio della storia – dalla quale vengono alla luce tracce discordanti e inquietanti omissioni sulle reali dinamiche dei fatti.

Lontano dalla pretesa di essere un punto di arrivo, il libro rappresenta piuttosto un punto di partenza, facendosi intelligente veicolo delle ulteriori domande che emergono, con lo scopo finale di sollecitare lo Stato italiano a rendere pubbliche le indagini della questura di Roma dopo i fatti che sconvolsero la città e non solo. Grazie, però, alla determinazione e a un instancabile lavoro di ricerca tra fonti storiografiche e periodici dell’epoca, l’autore traccia un panorama preciso – e per la prima volta puntuale – di ciò che accadde, oltre che un quadro attento e approfondito delle vittime e delle loro (spesso mancate) identificazioni.

Obiettivo ultimo dell’intero lavoro è infatti proporre una riorganizzazione dei metodi di “conservazione della memoria” nel Sacrario delle Fosse Ardeatine, al fine di eliminare tutte le anomalie presenti relative alle identificazioni “attribuite” rispetto a quelle “ignote” (e dall’autore esaminate una per una), per onorare appieno la memoria di tutte le vittime di questa buia pagina del nostro passato.
Precisamente l’Autore ha richiesto ai vari Enti Titolati della Memoria dell’Eccidio delle Fosse Ardeatine di modificare le diverse inesattezze che ancora seguitano a essere propinate come verità appurata. Le verità tramandate e conculcate per abitudine non rappresentano la cultura storica dei fatti, ma una manipolazione artificiosa con il solo scopo di mascherare gli avvenimenti.
1 - Gli ebrei trucidati alle Cave Ardeatine sono stati 77 e non 75, come inizialmente sostenuto nel 1948. Si seguita a negare il diritto a Finzi Aldo e Drucker Salomone, di essere ricordati tra gli ap­partenenti alla stessa religione ebraica.
2 - Moscati Marco, figlio di Cesare e Calò Allegra, ha il diritto di essere identificato tra gli altri 334 presenti nel sacrario (identificazione avvenuta solo nel 2011).
3 - Si ha il dovere morale di identificare gli ignoti delle Fosse Ardeatine e di non lasciarli all’oblio che tanto ricorda le matricole dei lager.
4 - Non esiste la certezza che le posizione note e assegnate siano effettivamente occupate dai martiri: in quanto il lavoro del Prof. Attilio Asca­relli è stato alterato.
5 - Probabilmente le salme traslate, in altri cimiteri, non corri­spondono al corpo del martire. 6 - I russi Kubjskin Alessio e Ostapienko vengono catturati il 2/3/1944 nella casa di Galafati Angelo. Solo Galafati viene trucidato alle Ardeatine, mentre i russi si salvano. Nella lapide esterna al Tempio Maggiore sono riportati 71 nominativi e tra questi compare Kubjskin, che in seguito comunicherà di essere vivo. Perchè è stata commessa la forzatura di un errato riconoscimento? Allo stesso modo perchè non è stata eseguita una verifica su questo salvataggio anomalo? In particolare: i russi, si sono salvati eseguendo una spiata sulla preparazione di una azione in via Rasella?
7 - Tra gli ebrei trucidati alle Ardeatine non viene detto che di­versi di loro erano anche partigiani.
8 - L’elenco dei nominativi tramandati dal processo a Kappler, corrispondono realmente ai detenuti prelevati dal Carcere di Re­gina Coeli e da Via Tasso?
9 - Nell’elenco accluso al processo Kappler, non compare il no­minativo di Scarioli Ivano al quale è dedicato il sarcofago 128. Nel 1944 Ascarelli nella pos. 128 ha collocato Pasqualucci Alfredo. Come si spiega la diversa attribuzione nel 1948?
10 - Nelle bare in cui ci sono in una solo le teste e nell’altra solo gli arti, a chi sono state assegnate?
11 - Dove è stata collocata la 336° bara che ha richiesto il Prof. Ascarelli?
L’autore auspica che, chi è in dovere di sentirsi moralmente obbligato ad accertare quanto sopra esposto e di divulgare la memoria nel rispetto della sacralità dei martiri, dei loro corpi e per la memoria delle future generazioni faccia tutto il possibile per rimettere le cose a posto.
Infine si ritiene giusto accennare a 3 figure degne di nota che emergono tra le pagine del libro : a) Antonello Trombadori b) Donato Caretta c) il Colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo.
Antonello Trombadori è il capo fondatore dei GAP (Gruppi d’azione Patriottica); il 24/3/1944 è detenuto a Regina Coeli e “stranamente” si salva dalla chiamata alle Ardeatine mentre anche un moribondo viene prelevato per l’esecuzione.
Donato Caretta direttore del Carcere di Regina Coeli, viene linciato a morte durante il processo contro il questore Caruso e filmato in diretta nel documentario di Combat Film , è stato fatto “passare” come truce fascista, ma invece morto perché testimone scomodo che non doveva parlare..! Egli infatti , se fosse stato interrogato, avrebbe svelato come fu composta la lista dei detenuti di Regina Coeli poi fucilati alle Ardeatine ed il perché dei nomi cancellati e di quelli sostituiti.
Colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, Comandante a Roma del Fronte Militare Clandestino della Resistenza, arrestato il 25 gennaio 1944 fu condotto nella prigione di Via Tasso a disposizione dell’Aussen-Kommando sotto inchiesta di polizia. Gli fu concessa la Medaglia d’Oro al Valore Militare.
Ultimo , ma non meno importante è la figura di Mauro De Mauro il giornalista del quotidiano ORA di Palermo rapito e mai più ritrovato il 16.09.1970 ; nel libro troverete, e lascio ai lettori la sorpresa , cosa fece e chi fu realmente Mauro De Mauro.
A conclusione di questa presentazione giova in particolare segnalare come l’Autore riporti l’accurato ed instancabile lavoro svolto dal R.I.S. ( Reparto Investigazioni Speciali ) dell’Arma dei Carabinieri nel corso delle identificazioni intorno alle salme ancora “ignote” e restituite poi alla conoscenza dei parenti nel corso degli anni 2010 e 2011.

lunedì 20 gennaio 2014

venerdì 17 gennaio 2014

Continuità Ideale

 
 
Da sx: il Paracadutista Conte Alessandro Romei Longhena, un fedelissimo "vecchio" Parà, il Comandante Armando Santoro (Presidente della Unione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana, già Volontario nelle Fiamme Bianche e nella Legione Autonoma Ettore Muti) ed il Barone Roberto Jonghi Lavarini. Tre diverse generazioni di patrioti e di militanti, tutti determinati a portare avanti il testimone ideale ed a consegnarlo alle nuove e giovani generazioni.
 
 
 

 
 

giovedì 16 gennaio 2014

EMME ROSSA, CUORE NERO...


 


Unione Nazionale Combattenti della RSI - Federazione di Milano e Lombardia

 
 
 
Il Comandante ARMANDO SANTORO
(già Volontario nelle Fiamme Bianche e poi Ardito della Legione Autonoma Ettore Muti)
Presidente della Unione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana
 
 
 
 





RSI: Il Manifesto di Verona

 
 
         Il manifesto di Verona

                              In materia costituzionale interna

1 – Sia convocata la Costituente, potere sovrano di origine popolare, che dichiari la decadenza della Monarchia, condanni solennemente l’ultimo Re traditore e fuggiasco, proclami la Repubblica Sociale e ne nomini il Capo.


2 – La Costituente sia composta dei rappresentanti di tutte le associazioni sindacali e dì tutte le circoscrizioni amministrative, comprendendo i rappresentanti delle province invase attraverso le delegazioni degli sfollati e dei rifugiati sul suolo libero.

Comprenda altresì le rappresentanze dei combattenti; quelle dei prigionieri di guerra, attraverso i rimpatriati per minorazione; quelle degli italiani all’estero; quelle della Magistratura, delle Università e di ogni altro Corpo o Istituto la cui partecipazione contribuisca a fare della Costituente la sintesi di tutti i valori della Nazione.


3 – La Costituzione repubblicana dovrà assicurare al cittadino – soldato, lavoratore e contribuente – il diritto di controllo e di responsabile critica sugli atti della pubblica amministrazione.

Ogni cinque anni il cittadino sarà chiamato a pronunziarsi sulla nomina del Capo della Repubblica.

Nessun cittadino, arrestato in flagrante, o fermato per misure preventive, potrà essere trattenuto oltre i sette giorni senza un ordine della autorità giudiziaria. Tranne il caso di flagranza, anche per perquisizioni domiciliari occorrerà un ordine dell’autorità giudiziaria.

Nell’esercizio delle sue funzioni la Magistratura agirà con piena indipendenza.


4 – La negativa esperienza elettorale già fatta dall’Italia e l’esperienza parzialmente negativa di un metodo di nomina troppo rigidamente gerarchico contribuiscono entrambe ad una soluzione che concili le opposte esigenze. Un sistema misto (ad esempio, elezione popolare dei rappresentanti alla Camera e nomina dei Ministri per parte del Capo della Repubblica e del Governo, e nel Partito, elezione di Fascio salvo ratifica e nomina del Direttorio nazionale per parte del Duce) sembra il più consigliabile.


5 – L’organizzazione a cui compete l’educazione del popolo ai problemi politici è unica.

Nel Partito, ordine di combattenti e di credenti, deve realizzarsi un organismo di assoluta purezza politica, degno di essere il custode dell’idea rivoluzionaria.

La sua tessera non è richiesta per alcun impiego od incarico.


6 – La religione della Repubblica è la cattolica apostolica romana. Ogni altro culto che non contrasti alle leggi è rispettato.


7 – Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica.



                                     In politica estera



8 – Fine essenziale della politica estera della Repubblica dovrà essere l’unità, l’indipendenza, l’integrità territoriale della Patria nei termini marittimi ed alpini segnati dalla natura, dal sacrificio di sangue e dalla storia, termini minacciati dal nemico con l’invasione e con le promesse ai Governi rifugiati a Londra. Altro fine essenziale consisterà nel far riconoscere la necessità dello spazio vitale indispensabile ad un popolo di 45 milioni di abitanti sopra una area insufficiente a nutrirlo.

Tale politica si adopererà inoltre per la realizzazione di una comunità europea, con la federazione di tutte le Nazioni che accettino i seguenti principi fondamentali:

a) eliminazione dei secolari intrighi britannici dal nostro Continente;

b) abolizione del sistema capitalistico interno e lotta contro le plutocrazie mondiali;

c) valorizzazione, a beneficio dei popoli europei e di quelli autoctoni, delle risorse naturali dell’Africa, nel rispetto assoluto di quei popoli, in ispecie musulmani, che, come l’Egitto, sono già civilmente e nazionalmente organizzati.



                                    In materia sociale



9 – Base della Repubblica Sociale e suo oggetto primario è il lavoro, manuale, tecnico, intellettuale, in ogni sua manifestazione.


10 – La proprietà privata, frutto del lavoro e del risparmio individuale, integrazione della personalità umana, è garantita dallo Stato. Essa non deve però diventare disintegratrice della personalità fisica e morale di altri uomini, attraverso lo sfruttamento del loro lavoro.


11 – Nell’economia nazionale tutto ciò che per dimensioni o funzioni esce dall’interesse singolo per entrare nell’interesse collettivo, appartiene alla sfera di azione che è propria dello Stato.

I pubblici servizi, e di regola, le fabbricazioni belliche debbono venire gestiti dallo Stato a mezzo di Enti parastatali.


12 – In ogni azienda (industriale, privata, parastatale, statale) le rappresentanze dei tecnici e degli operai coopereranno intimamente – attraverso una conoscenza diretta della gestione – all’equa fissazione dei salari, nonchè all’equa ripartizione degli utili tra il fondo di riserva, il frutto al capitale azionario e la partecipazione agli utili stessi per parte dei lavoratori.

In alcune imprese ciò potrà avvenire con una estensione delle prerogative delle attuali Commissioni di fabbrica, In altre, sostituendo i Consigli di amministrazione con Consigli di gestione composti da tecnici e da operai con un rappresentante dello Stato.

In altre, ancora, in forma di cooperativa parasindacali.


13 – Nell’agricoltura, l’iniziativa privata del proprietario trova il suo limite là dove l’iniziativa stessa viene a mancare. L’esproprio delle terre incolte e delle aziende mal gestite può portare alla lottizzazione fra braccianti da trasformare in coltivatori diretti, o alla costituzione di aziende cooperative, parasindacali, o parastatali, a seconda delle varie esigenze dell’economia agricola. Ciò è del resto previsto dalle leggi vigenti, alla cui applicazione il Partito e le organizzazioni sindacali stanno imprimendo l’impulso necessario.


14 – E’ pienamente riconosciuto ai coltivatori diretti, agli artigiani, ai professionisti, agli artisti il diritto di esplicare le proprie attività produttive individualmente, per famiglie o per nuclei, salvo gli obblighi di consegnare agli ammassi la quantità di prodotti stabiliti dalla legge o di sottoporre a controllo le tariffe delle prestazioni.


15 – Quello della casa non è soltanto un diritto di proprietà, è un diritto alla proprietà. Il Partito iscrive nel suo programma la creazione di un Ente nazionale per la casa del popolo, il quale, assorbendo l'Istituto esistente e ampliandone al massimo l’azione, provveda a fornire in proprietà la casa alle famiglie dei lavoratori di ogni categoria, mediante diretta costruzione di nuove abitazioni o graduale riscatto delle esistenti. In proposito è da affermare il principio generale che l’affitto – una volta rimborsato il capitale e pagatone il giusto frutto – costituisce titolo di acquisto.

Come primo compito, l’Ente risolverà i problemi derivanti dalle distruzioni di guerra, con requisizione e distribuzione di locali inutilizzati e con costruzioni provvisorie.


16 – Il lavoratore è iscritto d’autorità nel sindacato di categoria, senza che ciò gli impedisca di trasferirsi in altro sindacato quando ne abbia i requisiti. I sindacati convergono in una unica Confederazione che comprende tutti i lavoratori, i tecnici, i professionisti, con esclusione dei proprietari che non siano dirigenti o tecnici. Essa si denomina Confederazione generale del Lavoro, della Tecnica e delle Arti.

I dipendenti delle imprese industriali dello Stato e dei servizi pubblici formano sindacati di categoria, come ogni altro lavoratore.

Tutte le imponenti provvidenze sociali realizzate dal Regime fascista in un ventennio restano integre. La Carta del Lavoro ne costituisce nella sua lettera la consacrazione, così come costituisce nel suo spirito il punto di partenza per l’ulteriore cammino.


17 – In linea di attualità il Partito stima indilazionabile un adeguamento salariale per i lavoratori attraverso l’adozione di minimi nazionali e pronte revisioni locali, e più ancora per i piccoli e medi impiegati tanto statali che privati. Ma perché il provvedimento non riesca inefficace e alla fine dannoso per tutti occorre che con spacci cooperativi, spacci d’azienda, estensione dei compiti della “Provvida”, requisizione dei negozi colpevoli di infrazioni e loro gestione parastatale o cooperativa, si ottenga il risultato di pagare in viveri ai prezzi ufficiali una parte del salario. Solo così si contribuirà alla stabilità dei prezzi e della moneta e al risanamento del mercato. Quanto al mercato nero, si chiede che gli speculatori – al pari dei traditori e dei disfattisti – rientrino nella competenza dei Tribunali straordinari e siano passibili di pena di morte.


18 – Con questo preambolo alla Costituente il Partito dimostra non soltanto di andare verso il popolo, ma di stare col popolo.

Da parte sua, il popolo italiano deve rendersi conto che vi è per esso un solo modo di difendere le sue conquiste di ieri, oggi, domani ributtare l’invasione schiavistica della plutocrazia anglo-americana, la quale, per mille precisi segni, vuole rendere ancora più angusta e misera la vita degli italiani. V’è un solo modo di raggiungere tutte le mete sociali: combattere, lavorare, vincere.

Le Forze Armate della RSI

 
Le formazioni armate della R.S.I. furono molte e multiformi. Ci furono corpi militari che, come la Decima Flottiglia MAS di Borghese, all’atto dell’armistizio dell’ 8 settembre 1943 non si sciolsero e decisero immediatamente di continuare a combattere a fianco dei tedeschi “per l’onore d’Italia”, ci furono tante  formazioni volontarie che si costituirono fin dai giorni immediatamente successivi all’ 8 settembre.
Alcune di queste formazioni ebbero carattere spiccatamente politico, come le Brigate Nere e la Guardia Nazionale Repubblicana, ma altre e, in primis, le quattro divisioni che costituirono il nerbo dell’esercito repubblicano, furono, per scelta fortemente voluta dal Maresciallo Rodolfo Graziani, Ministro della Guerra, apolitiche.
Ai vertici dell’organizzazione militare della R.S.I. stava il Ministero della Difesa Nazionale che, dal 6 gennaio 1944 si chiamò Ministero delle Forze Armate. Il Ministro, che fu il Maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani, deteneva anche la carica di Capo di Stato Maggiore Generale.
Il territorio della R.S.I. non occupato dal nemico fu organizzato, fin dal Settembre 1943, in Comandi Militari Regionali (C.M.R.) e Comandi Militari Provinciali (C.M.P.).
Ogni C.M.R. constava di un Comando, un Quartier Generale con una Delegazione di Intendenza e una Compagnia (in alcuni casi un Battaglione) Regionale.
Ogni Provincia ebbe un C.M.P. con un proprio Quartier Generale, una Compagnia (o un Battaglione) provinciale e il Distretto Militare.
Furono, infine, attivati (e rimasero attivi fino all’aprile 1945) tutti i servizi necessari : le Scuole Ufficiali, il Servizio Artiglieria, il Servizio Automobilistico, il Servizio Chimico, il Servizio di Commissariato, il Servizio Genio, il Servizio Sanitario, il Servizio Trasporti, il Servizio Veterinario.
Andiamo a elencare le forze armate alla quale si deve la ripresa di tutti i servizi necessari che sono stati base fondamentale della R.S.I.

 
 
 

Storia della RSI



La Repubblica Sociale Italiana fu uno Stato perfettamente organizzato: ebbe una organizzazione burocratica completa ed efficiente, la funzione legislativa produsse leggi importantissime, specie in campo sociale, tutti i Ministeri (difesa, interni, finanze, istruzione, lavori pubblici…) lavorarono a pieno ritmo, ebbe un esercito efficiente, costituito in gran parte da giovani volontari entusiasti e determinati, che seppe difendere con valore il territorio della Repubblica a fianco dell’alleato germanico, resistendo efficacemente all’offensiva anglo-americana, sulla “linea gotica”, per sei lunghi mesi. Ebbe anche una diplomazia attiva ed efficiente, che curò attivamente i rapporti con gli Stati alleati o che, comunque, avevano riconosciuto la R.S.I. : Germania, Giappone, Spagna e altri. La R.S.I. che, come tutti gli Stati sovrani, aveva il totale controllo del suo territorio sul quale, attraverso i suoi Ministeri, organizzava tutti i servizi necessari.
D’altra parte lo stesso Tribunale Supremo Militare dell’attuale Repubblica Italiana cui erano ricorsi alcuni ufficiali della Legione “Tagliamento” che erano stati condannati dal Tribunale Militare di Milano, con sentenza n. 747 del 26 aprile 1954, afferma con chiarezza e con alto senso giuridico e storico la caratteristica di Stato sovrano, sia pure “di fatto” della Repubblica Sociale Italiana.
Durante il periodo della R.S.I. furono perfino istituiti due Ordini Cavallereschi di Stato.
Il 14 maggio 1943 la radio annunciava: “Ogni resistenza è cessata in Tunisia per ordine del Duce”. Questo significava che l’ultimo lembo d’Africa era stato perduto dalle forze dell’Asse. Il Gen. Messe, infatti, si era arreso dopo un’ultima disperata resistenza contro le armate anglo-americane che assalivano le nostre truppe dalla Libia e dall’Algeria. Le sorti della guerra volgono al peggio. Ora è il territorio italiano esposto agli attacchi nemici.
L’ 11 giugno 1943 si arrende Pantelleria, e il 12 Lampedusa, rimaste senza rifornimenti.
E nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1943 scatta l’ ”Operazione Husky” : le armate settima americana agli ordini del Gen. Patton (66000 uomini) e ottava inglese agli ordini del Gen. Montgomery (100000 uomini) sbarcano nella Sicilia sud-orientale sopraffacendo le nostre difese.
Il 17 il Generale Alexander assume la carica di governatore delle terre occupate.
Il 22 cade Palermo. La Sicilia è ormai perduta. La popolazione, messa alla fame, si lamenta con scritte sui monumenti (“ cu Mussolino ogni casa un mulino, cull’americani ni pasta ni pani”).
(La notizia che tutti i siciliani avrebbero accolto con gioia gli anglo-americani acclamandoli è sicuramente non vera. Infatti un po’ in tutto il sud si ebbe una vera e propria resistenza fascista.)
Questo è lo sconfortante quadro della situazione militare, che incide pesantemente sul morale della popolazione e dell’esercito, e crea diffuse inquietudini a livello politico, anche all’interno del Fascismo.
Il 19 luglio 1943 a Feltre avviene un incontro fra Mussolini e Hitler, durante il quale Hitler accusa pesantemente l’esercito italiano di scarsa combattività.
A rendere più angosciosa la situazione Mussolini riceve, durante l’incontro, la notizia del bombardamento di Roma.


Il 25 luglio e l’arresto di Mussolini
 

La situazione politica è tesa. Diversi uomini politici, anche fascisti, hanno contatti col re Vittorio Emanuele III e lo sollecitano ad assumersi personalmente il comando dell’esercito e la responsabilità della conduzione della guerra. Il re tentenna.
E alcuni uomini politici fascisti, fra cui Grandi, chiedono la convocazione del Gran Consiglio del Fascismo. E il Segretario Nazionale Carlo Scorza, d’accordo con Mussolini, lo convoca per il 24 luglio alle ore 17.
Dopo la relazione di Mussolini e alcuni interventi, prende la parola Grandi per illustrare il suo ordine del giorno che propone, in estrema sintesi, di mettere la situazione nelle mani del re. Mussolini avverte che l’approvazione di quell’ O.d.G. metterebbe in crisi il regime e propone di rinviare la discussione, data anche l’ora ormai tarda. Ma Grandi e altri chiedono di andare avanti. Sono ormai passate le ore 2 del 25 luglio allorchè si passa alla votazione degli O.d.G. Quello di Grandi viene approvato con 19 sì, 7 no e 1 astenuto (Giacomo Suardo) Farinacci, il 28° membro, vota il proprio O.d.G. Sono le ore 2,40 del 25 luglio 1943. Alle ore 3,30 Grandi incontra Acquarone, ministro della real casa e lo informa dell’accaduto.
La mattina del 25 trascorre senza che nulla accada. Mussolini si reca a Palazzo Venezia come di consueto e sbriga le cose correnti. Però chiede al re di anticipare alle ore 17 di quello stesso giorno, domenica, la consueta udienza settimanale del lunedì.
E alle 17 va dal Re. Non si sa molto del colloquio, nel quale il re comunica a Mussolini che lo sostituirà con Badoglio. Il colloquio, però, si conclude con una cordiale stretta di mano. Certo Mussolini non poteva immaginare che, uscito dalla sala dell’udienza, avrebbe trovato i carabinieri incaricati di arrestarlo.
Portato dapprima nella caserma della Legione Allievi Carabinieri di Via Legnano a Roma-Prati dove rimarrà tre notti, verrà poi, il 28 luglio, imbarcato a Gaeta sulla corvetta Persefone e trasferito prima a Ventotene poi a Ponza, ove giungerà alle ore 13. Da qui, nella notte fra il 6 e il 7 agosto, con la corvetta Pantera verrà condotto alla Maddalena nella Villa Weber, ove rimarrà fino al 28 agosto. In quella data con un idrovolante verrà condotto a Vigna di Valle sul lago di Bracciano e, da qui, ad Assergi, nei pressi della funivia per il Gran Sasso. E nella Villetta del Gran Sasso, all’inizio della funivia, rimarrà fino al 3 settembre. Finchè verrà condotto a Campo Imperatore sul Gran Sasso e qui tenuto prigioniero nella camera 201 di quell’albergo.


Il governo Badoglio e l’8 settembre


Il re affida l’incarico di formare il nuovo governo al Generale Pietro Badoglio che annuncia subito che la guerra continua a fianco dell’alleato germanico e vieta qualsiasi manifestazione. In realtà egli avvia da subito contatti con gli anglo-americani per trattare le condizioni di un armistizio. Le trattative proseguono ma gli alleati anglo-americani vogliono la resa senza condizioni.
E il 3 settembre 1943 a Cassibile, presso Siracusa, il Gen. Castellano firma l’armistizio. Lo stesso giorno gli alleati sbarcano in Calabria e cominciano a risalire la penisola. Badoglio e il re, che temono le reazioni della Germania, cui fino all’ultimo si è giurata amicizia e rispetto del patto di alleanza, vorrebbero ritardare l’annuncio dell’armistizio (intanto, ad armistizio già firmato, i bombardieri americani continuano a seminare morte in Italia), ma la radio americana, alle ore 17,45 dell’8 settembre diffonde la notizia. E due ore dopo anche Badoglio è costretto a dare l’annuncio. Alle 19,45 di quel mercoledì 8 settembre la sua voce registrata scandiva alla radio : “Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze angloamericane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.”
Subito dopo fugge con il re, la sua famiglia e alcuni generali e il 9 è a Brindisi, in territorio già occupato dagli ex-nemici.
L’esercito italiano, lasciato senza ordini, si disperde, la flotta, ancora in piena efficienza, vergognosamente va a Malta a consegnarsi agli inglesi. Molti italiani sono indignati e non riescono ad accettare la resa ignominiosa. Il comandante Fecia di Cossato, eroico sommergibilista atlantico, non reggerà alla vergogna e il 27 agosto 1944 a Napoli si toglierà la vita lasciando scritto alla madre “siamo stati indegnamente traditi e ci troviamo ad avere commesso un gesto ignobile…” Lo stesso Eisenhower nel suo “Diario di guerra” scrisse: “…la resa dell’Italia fu uno sporco affare. Tutte le nazioni elencano nella loro storia guerre vinte e guerre perse, ma l’Italia è la sola ad aver perduto questa guerra con disonore, salvato solo in parte dal sacrificio dei combattenti della R.S.I.”.
In effetti quando all’armistizio “corto” firmato il 3 settembre e che constava di soli 12 articoli e contemplava soltanto la cessazione delle attività militari, seguì l’armistizio “lungo” firmato da Badoglio a Malta sulla nave “Nelson” il 29 settembre (erano presenti Badoglio, Ambrosio, Roatta, Sandalli, De Courten per il regno del Sud ed Eisenhower, Cunningham e altri per gli alleati), ci si rese conto della eccezionale durezza delle condizioni: Il nuovo testo, composto da 44 minuziosi articoli, stabiliva che al governo italiano veniva tolta, praticamente, ogni potestà. Tutto, assolutamente tutto, doveva passare sotto il controllo degli anglo-americani, che imposero, addirittura, delle modifiche legislative. In pratica l’Italia del sud perdeva ogni sovranità.
E i tedeschi, che, dopo l’arresto di Mussolini avevano fatto affluire numerose truppe, catturano e deportano in Germania molti sbandati. Regna il caos. Modesti tentativi di resistenza ai tedeschi si hanno a Roma ma cessano subito. Il 10 settembre il Gen. Carboni si arrende ai tedeschi.
Il 13 ottobre Badoglio, contraddicendo clamorosamente la sua dichiarata volontà di voler ottenere la pace, dichiara guerra ai tedeschi.
Il 12 settembre un audace commando di SS atterra con degli alianti a Campo Imperatore e libera il Duce. Il comportamento del Gen. Fernando Soleti e dei carabinieri di guardia evita il conflitto e ogni spargimento di sangue. Una “Cicogna”, piccolo apparecchio da ricognizione, lo conduce a Roma da dove, su un aereo militare, raggiunge Monaco di Baviera.
Alcune fonti ritengono che Mussolini, stanco e sfiduciato, avrebbe considerato anche la possibilità di ritirarsi, ma avrebbe poi accettato, su insistenza di Hitler, di creare il nuovo stato per evitare all’Italia le probabili rappresaglie dei tedeschi, furiosi per il vile tradimento.
il 15 settembre 1943 Mussolini emette e comunica via radio 5 Ordini del Giorno:

1) Ai fedeli camerati di tutta Italia. Da oggi, 15 settembre 1943, assumo di nuovo la suprema direzione del Fascismo in Italia.

2) Nomino Alessandro Pavolini alla carica provvisoria di segretario del Partito Nazionale Fascista, che da oggi si chiamerà Partito Fascista Repubblicano.

3) Ordino che tutte le autorità militari politiche amministrative e scolastiche, nonché tutte quelle che vennero esonerate dalle loro funzioni da parte del Governo della capitolazione, riprendano immediatamente i loro posti e i loro uffici.

4) Ordino l’immediato ripristino di tutte le istituzioni del Partito con i seguenti compiti:
a) di appoggiare efficacemente e cameratescamente l’Esercito germanico che si batte sul territorio contro il comune nemico;
b) di dare al popolo l’immediata effettiva assistenza morale e materiale;
c) di riesaminare la posizione dei membri del Partito in rapporto al loro contegno di fronte al colpo di stato della capitolazione e del disonore, punendo esemplarmente i vili traditori.

5) Ordino la ricostruzione di tutti i reparti e le formazioni speciali della Milizia Volontaria per la Sicurezza dello Stato.

Il 16 settembre, poi, detta l’O.d.G. n. 6:

6) “Completando gli ordini del giorno precedenti ho incaricato il Luogotenente Generale Renato Ricci del comando in capo della M.V.S.N.”

E, il 17 settembre detta l’O.d.G. n. 7 :

7) “Il P.F.R. libera gli ufficiali delle forze armate dal giuramento prestato al Re, il quale, capitolando alle condizioni ben note e abbandonando il suo posto, ha consegnato la nazione al nemico e l’ha trascinata nella vergogna e nella miseria”.

Il 18 settembre Mussolini parla da Radio Monaco, e gli italiani possono riudire la voce ben nota (anche se la qualità dell’ascolto è pessima). Egli, dopo aver sottolineato la bassezza del tradimento di Casa Savoia, che con la sua fuga ha perso ogni diritto di regnare, richiama le tradizioni repubblicane italiane e Giuseppe Mazzini e riafferma la volontà di costituire un nuovo Stato Repubblicano che sarà “nazionale e sociale nel senso più lato della parola; sarà cioè fascista nel senso delle nostre origini.” Tale stato ricostituirà un proprio esercito e riprenderà la lotta a fianco dell’ alleato germanico.
I fascisti, che fin dal 9 settembre avevano riaperto molte sedi, si riorganizzarono rapidamente. Il 1 marzo 1944 Pavolini, in una relazione a Mussolini, comunicherà che “sono stati ricostituiti 1072 Fasci con 487.000 iscritti”. Roma ne contò 35.000, Milano 20.000, Ferrara, dopo la morte di Ghisellini 14.000.
Il 22 febbraio 1944 il Duce nominerà il nuovo Direttorio del P.F.R. Esso è composto da: Pietro Asti, Fulvio Balisti, Carlo Borsani, Alfredo Cucco, Giuseppe Dongo, Franco Corrado Marina, Giulio Gai, Carlo Gigliolo, Bruno Gemelli, Gino Meschiari, Franz Pagliani, Alessandro Palladini, Giuseppe Pizzirani, Sergio Stoppiani, Leo Todeschini, Agostino Vandini, Aldo Vidussoni.
Il 23 settembre Mussolini rientra in Italia e, alla Rocca delle Caminate, sua residenza personale, costituisce il Governo della nuova Repubblica. Il giorno 23 stesso alle ore 14 si ha, nella sede dell’ambasciata germanica a Roma, la prima breve riunione del governo, presieduta da Pavolini.
Il nuovo stato si chiamerà Repubblica Sociale Italiana (Tale denominazione, però, verrà deliberata dal Consiglio dei Ministri il 24 novembre 1943). Essa avrà Mussolini come Capo dello Stato e del governo e Ministro degli Esteri.
Il 28 settembre inizia il funzionamento del nuovo Stato. In quella data, infatti, ha luogo la prima riunione del Consiglio dei Ministri al completo. Queste le prime cinque deliberazioni:

1) A seguito della conferma della dichiarazione di città aperta per Roma, il Governo fissa la propria sede in altra località presso il Quartiere Generale delle Forze Armate.

2) L’attuale senato di nomina regia è disciolto ed abolito. La Costituente prenderà in esame la opportunità della sua eventuale ricostruzione secondo gli ordinamenti del nuovo Stato Fascista Repubblicano.

3) Nella riorganizzazione in atto delle Forze Armate, le forze terrestri, marittime ed aeree vengono rispettivamente inquadrate nella Milizia, nella Marina, e nell’Aeronautica dello Stato Fascista Repubblicano. Il reclutamento avviene per volontariato e per coscrizione. Per gli ufficiali e i sottufficiali, mentre sono rispettati i diritti acquisiti, il trattamento morale ed economico viene adeguato all’alto compito di un moderno organismo militare ed alle nuove esigenze della vita sociale.

4) In conformità dell’indirizzo di politica sociale perseguita dal P.F.R., e quale necessaria premessa per le ulteriori e rapide realizzazioni, viene decisa la fusione delle Confederazioni Sindacali in una sola Confederazione Generale del Lavoro e della Tecnica. La Confederazione opera nell’ambito e nel clima del Partito il quale le conferisce tutta la propria forza rivoluzionaria.

5) La commissione per l’accertamento degli illeciti arricchimenti dei gerarchi fascisti, costituita dal cessato governo, rimane in funzione estendendo, per altro, l’accertamento sugli illeciti guadagni a tutti coloro, senza distinzione di partito, che hanno, negli ultimi trenta anni, ricoperto cariche politiche od incarichi pubblici, ivi compresi i funzionari e i militari.
Da questa data del 28 settembre 1943, quindi, nasce ufficialmente anche l’esercito della R.S.I. Esso finirà col contare complessivamente (tenendo conto anche dei lavoratori militarizzati) oltre un milione di uomini fra volontari e giovani di leva delle classi 1923, 1924 e 1925. In realtà fin dall’annuncio dell’armistizio ci fu chi si rifiutò di accettarlo, come il Principe Junio Valerio Borghese e la sua “Decima Flottiglia MAS” a La Spezia, il Maggiore Edoardo Sala che, con il III Btg del 185° Rgt Paracadutisti, già nel settembre combatteva in Calabria a fianco dei tedeschi, il XII Btg della Div. Nembo del Magg. Rizzatti che non si arrende e dalla Sardegna l’11 settembre passa in Corsica, alcuni Battaglioni della Milizia, i sommergibilisti del Comandante Enzo Grossi a Bordeaux, reparti della DICAT e altri reparti minori. Ad esempio, il Ten. Rino Cozzarini, di 25 anni, volontario, che subito dopo l’8 settembre raccolse soldati sbandati e formò un reparto (Btg Bersaglieri “ M” Mussolini”) che arrivò a contare 1200 uomini e che già a fine ottobre era sulla linea di combattimento a fianco dell’alleato germanico. Il Cozzarini, promosso capitano, suscitò l’ammirazione degli alleati e dei nemici. L’11 novembre 1943 egli cadde a Mignano Montelungo e fu insignito di M.d’O. alla memoria. Vedi anche il caso del Capitano Ulrico Ripandelli che inviò al Duce il seguente telegramma: “ Gli ufficiali, sottufficiali e carristi usciti dalle fila del III Btg carri, schieratisi con i loro carri al fianco dei camerati tedeschi fin dall’11 settembre, esultano di poter continuare a combattere ai Vostri ordini per la liberazione e la grandezza della Patria immortale. Vinceremo ! F.to: Comando 118° battaglione carri della 218° Divisione alpini tedesca. Il comandante capitano: Ulrico Ripandelli”.
E immediatamente dopo si ricostituirono reparti di bersaglieri (Btg. “9 settembre”, Btg. “Goffredo Mameli”, Btg. “Benito Mussolini”) , di Camicie Nere, di SS italiane e alcune unità speciali.
Il 1° ottobre il Maresciallo Graziani parlerà a Roma al Teatro Adriano a una platea di 4000 ufficiali esortandoli ad una scelta “per l’onore”. Ben 400 ufficiali della “Piave” aderiranno e si arruoleranno immediatamente. In totale aderiranno alla R.S.I. 300 generali e 62000 ufficiali.
Intanto anche fra i militari internati in Germania ci furono molte adesioni alla R.S.I. e, con 12000 di questi uomini, si iniziò la costituzione delle quattro Grandi Unità (Divisioni Monterosa, San Marco, Italia e Littorio) che sarebbero state addestrate in Germania e avrebbero costituito il nerbo del nuovo esercito. Alla cosa fu data la massima importanza. E Mussolini si recò in Germania a visitare le divisioni in aprile 1944 (il 22 è in visita alla “San Marco” e il 16 luglio visita la “Monterosa”, il 17 la “Italia”, il 18 la “San Marco” e il 19 la “Littorio”). La divisione “Italia”, poi, sarà visitata da Mussolini anche il 27 gennaio 1945 in prossimità del fronte della Garfagnana. Qui il Duce consumerà il rancio coi soldati.
Oltre a ciò, in data 1° dicembre rientrano dalla Germania diecimila ex internati per riprendere le armi contro gli anglo-americani.
Ora i soldati italiani sono equiparati, come trattamento, ai soldati germanici (Decreto del Duce in data 2 novembre).
E il 20 novembre 1943 nasce la Guardia Nazionale Repubblicana, con a capo il gerarca carrarino Renato Ricci. Essa è formata dalla M.V.S.N., dall’Arma dei Carabinieri ( Il Consiglio dei Ministri del 27 ottobre aveva stabilito che “Restano in servizio per il mantenimento dell’ordine pubblico i Carabinieri e la Guardia di Finanza”) e dalla Polizia dell’Africa Italiana (P.A.I.)”. Essa, il 15 agosto 1944, verrà definita “primo corpo combattente dell’Esercito Repubblicano” e non avrà più compiti di polizia. E il 21 agosto il Duce in persona assume il comando della G.N.R.
Dalla data del 2 dicembre 1943, ufficialmente, truppe regolari della R.S.I. sono sul fronte di combattimento.
Il 17. gennaio 1944 reparti della X° Mas e del Btg. San Marco pronunciano giuramento.
Il 29 gennaio i gladi circondati da fronde di quercia e di alloro sostituiscono le stellette.
Il 9 febbraio, anniversario della Repubblica Romana del 1849, le nuove truppe della R.S.I. giurano solennemente con la formula “ Giuro di servire e difendere la Repubblica Sociale Italiana nelle sue istituzioni e nelle sue leggi, nel suo onore e nel suo territorio, in pace e in guerra, fino al sacrificio supremo. Lo giuro dinanzi a Dio e ai Caduti per la unità, l’indipendenza e l’avvenire della Patria”.
Il 19 febbraio il Battaglione “Barbarigo” della Decima riceve dal Comandante Borghese la bandiera di combattimento.
E il 20 febbraio è in linea a Nettuno e riceve il battesimo del fuoco.
Il 9 marzo viene costituito il Servizio Ausiliario Femminile (S.A.F.).
Il 12 marzo viene emesso il primo Bollettino di Guerra della R.S.I.: Calma sul fronte di Cassino e lotta accanita su quello di Anzio.
Il 16 marzo il Btg paracadutisti “Nembo” e il Btg “Barbarigo” della “Decima” si coprono di gloria ad Anzio.
Il 22 maggio Kesserling in persona si compiace per il comportamento del Btg “Barbarigo”.
E il 31 maggio va in linea sul fronte di Roma il Btg. Paracadutisti “Folgore”, che il 10 giugno verrà citato nel Bollettino germanico.
Con Decreto del 30 giugno 1944, poi, il PFR si trasformerà in una struttura militare con la formazione delle “Brigate Nere”.
Il giorno 11 novembre 1943 furono costituiti i Tribunali Straordinari Provinciali per giudicare i fascisti che avevano tradito e un tribunale straordinario speciale per giudicare i membri del Gran Consiglio che avevano votato l’O.d.G. Grandi, accusati di tradimento. Fra essi c’era anche Galeazzo Ciano, marito di Edda figlia del Duce. Il processo ebbe inizio alle ore 9 dell’8 gennaio 1944 a Verona in Castelvecchio. Il 10 gennaio alle ore 13,40 fu emessa la sentenza. Furono comminate 18 condanne a morte (Cianetti, che aveva ritirato il suo voto a favore fu condannato a 30 anni di reclusione). Ma la maggior parte dei condannati a morte aveva riparato all’estero e furono condannati in contumacia. Solo cinque erano presenti al processo : Ciano, De Bono, Marinelli, Pareschi e Gottardi. Essi furono fucilati l’11 gennaio 1944.
Il 20 gennaio 1944 furono deferiti al Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato anche Carlo Scorza e Alessandro Tarabini. Il 15 aprile ebbero il processo e il 20 furono assolti.
Per il loro comportamento a seguito dell’8 settembre il 28 gennaio 1944 e il 5 febbraio furono deferiti al Tribunale Speciale anche alcuni ammiragli e generali. L’11, il 20 e il 22 maggio si ebbero i processi con alcune condanne e il 24 si ebbe l’esecuzione di Campioni e Mascherpa, condannati a morte.
Quanto ai Tribunali Straordinari Provinciali c’è da dire che il 6 giugno 1944 archiviarono tutti i casi non riguardanti iscritti al P.F.R. e mandarono liberi tutti gli imputati.
E in data 28 ottobre 1944 furono condonate tutte le pene fino a 3 anni di carcere.
Intanto il nuovo stato aveva cominciato a funzionare regolarmente. Le condizioni erano drammatiche: le città erano martoriate dai bombardamenti (il 20 ottobre 1944 suscitò orrore il bombardamento della scuola di Gorla a Milano, dove trovarono la morte 300 bambini. I civili morti per bombardamenti assommeranno a 64.000), il problema degli approvvigionamenti era impellente (tuttavia in data 22 ottobre fu disposto che la razione del pane passasse dai 150 ai 200 grammi giornalieri. E in data 27 novembre il Ministro dell’Agricoltura dispose che tale aumento avesse vigore per tutta la durata della stagione invernale. In data 10 febbraio, poi, il Duce impartisce precise disposizioni per la campagna agricola), i rapporti spesso non facili con i tedeschi complicavano ulteriormente le cose. A tutto questo, poi, cominciò ad aggiungersi il problema dei partigiani, con i primi assassinii di fascisti. Si trattava in prevalenza di giovani renitenti alla leva che si erano rifugiati in montagna, ma anche di vecchi antifascisti, specie comunisti, che intravedevano la possibilità di abbattere il Fascismo.
Ci furono anche dei tentativi di sciopero. Il 4 marzo 1944 si ebbe uno sciopero nelle industrie dell’alta Italia. L’8 marzo il Ministero dell’Interno comunicò che gli scioperanti erano stati 208549 per un tempo variabile da 11 minuti a 4 giorni. Non ci furono conseguenze per gli scioperanti ma furono arrestati due industriali: Guido Donegani e Franco Marinotti.
E il 1 maggio ci fu un secondo tentativo di sciopero che, però, ebbe scarse adesioni: 4000 a Genova, 260 a Milano, 1100 a Imola.
Malgrado tutto ciò i trasporti continuarono a funzionare anche se fra mille difficoltà, le fabbriche continuarono il loro lavoro, le scuole riaprirono regolarmente, l’amministrazione pubblica faceva il proprio dovere, l’economia era governata con mano ferma (l’inflazione, ad esempio, era insignificante se paragonata con quella scatenatasi al sud, nelle terre occupate). Subito dopo l’8 settembre i tedeschi avevano introdotto i Marchi d’occupazione. Una delle prime preoccupazioni del Ministro delle finanze fu quella di farli ritirare. Ciò accadde il 25 ottobre 1943. Da quella data essi persero ogni valore legale. In data 1° dicembre venne costituito un Comitato Economico Italiano col compito di studiare le questioni economiche, con particolare riguardo all’economia di guerra. E in data 5 dicembre viene istituito un Comitato nazionale dei prezzi, con Carlo Fabrizi Commissario, alle dirette dipendenze del Duce.
A riprova di come le cose abbiano sempre continuato a funzionare a dovere durante la R.S.I. sta la testimonianza davvero non sospetta del Maggiore americano Michael Noble del 15° Gruppo di armate alleato. Egli, inviato a Milano per riorganizzare l’uscita dei quotidiani, vi giunse il 27 aprile 1945 e rimase stupito per l’ordine e la normalità che vi regnavano ” …Per prima cosa restai sorpreso vedendo grandi palazzi pieni di una vita normale, i tram che funzionavano, i cinema e i teatri aperti regolarmente, gli uffici pubblici in piena attività, la gente che stava seduta ai caffè vestita decorosissimamente. Era uno spettacolo nuovo ed estremamente civile….”(intervista rilasciata a Silvio Bertoldi e pubblicata nel libro “La guerra parallela” I Record Mondadori 1966 pag.174).
Molto intensa fu l’azione di governo tesa a mantenere integro il potere di acquisto della moneta, a mantenere ad alti livelli la produzione agricola e industriale, a mantenere su buoni livelli il tenore di vita della popolazione. Si ricorse anche a misure drastiche come la requisizione delle fabbriche di alimentari, che furono gestite da commissioni sindacali. Il 29 dicembre 1944 trattorie e ristoranti furono trasformati in “mense di guerra”, dove si poteva mangiare anche con sole quattro lire. Funzionavano, inoltre, mense gratuite per gli indigenti, gestite dal P.F.R.
E anche in tale situazione di assoluta emergenza (si pensi alle ingentissime spese militari, alle spese per mantenere in efficienza i servizi continuamente devastati dalle incursioni aeree), il bilancio dello Stato chiudeva rigorosamente in pareggio. Nell’anno 1944 il Ministro delle Finanze Pellegrini Giampietro, con abilissime manovre finanziarie riuscì ad avere entrate per 379 miliardi e 11 milioni, contro un ammontare delle uscite di 360 miliardi. Si ebbe, cioè, un attivo di circa 20 miliardi.
Anche l’Opera Nazionale Balilla era risorta. In una relazione di Renato Ricci del 19 febbraio 1944 si dice che si sono “costituiti 66 centri provinciali, 2255 vecchi ufficiali rispondono alle chiamate; 50000 organizzati, 8740 ospiti nelle colonie; 300.000 refezioni scolastiche giornaliere”.
Il 22 novembre 1943 il filosofo Giovanni Gentile viene nominato Presidente dell’Accademia d’Italia.
Ma è soprattutto da rilevare l’impegno che fu subito posto nel delineare, fin dai primi giorni, il carattere e gli impegni del nuovo Stato.
Ciò fu fatto con la prima Assemblea Nazionale (o Congresso) del P.F.R. che si riunì a Verona in Castelvecchio il 14 novembre 1943. Ad esso parteciparono: 3 rappresentanti per ogni federazione (furono assenti Chieti, Grosseto, Macerata e Rieti), in gran parte elettivi, i delegati regionali, i capi delle organizzazioni sindacali, i membri del governo, i direttori dei giornali quotidiani e dei principali settimanali, i rappresentanti delle associazioni combattentistiche e degli Enti Morali della Nazione. Il Congresso fissò nei 18 punti di un Manifesto Programmatico quella che sarebbe stata la politica interna, estera e sociale della nuova Repubblica. Nacquero, così, i famosi “18 punti di Verona”. E la politica sociale fu quella che caratterizzò veramente la R.S.I. Il 30 giugno 1944 entra in vigore la legge sulla socializzazione che era stata approvata il 12 febbraio. Il 22 gennaio 1945 viene socializzata la FIAT, il 1 febbraio la Pirelli, la Morelli, la Snia Viscosa, la Marzotto e i Lanifici Rossi. E il 5 aprile 1945 la socializzazione viene estesa a tutte le aziende.
In data 15 gennaio 1945 era stato creato il Ministero del Lavoro, trasformando in Ministero il Commissariato Nazionale del Lavoro che funzionava fin dal 7 dicembre 1943. Il nuovo ministero assorbì anche la politica sociale che era di competenza del Ministero dell’Economia Corporativa, il quale, da allora, assunse la denominazione di Ministero per la Produzione Industriale. Il 22 dello stesso mese viene nominato Ministro del Lavoro l’operaio tipografo Giuseppe Spinelli, già Podestà di Milano.
Il governo della RSI aveva sede sul lago di Garda, a Salò e dintorni. Mussolini aveva la sua sede a Gargnano nella Villa Orsoline, mentre la sua residenza era a Salò nella Villa Feltrinelli.
Impegno prioritario del governo della RSI era quello di contrastare, a fianco dei tedeschi, l’avanzata degli anglo-americani.
Dopo la rapida occupazione della Sicilia, fu attaccato il territorio metropolitano con lo sbarco in Calabria (Operazione Baytown) del 3 settembre e, successivamente, con quello della 5° Armata U.S.A. a Salerno del 9 settembre alle ore 6 (Operazione Avalanche). Il Gen. Kesserling il 12 tenta un contrattacco ma, dopo due giorni, massicci attacchi dal cielo e dal mare lo costringono a ritirarsi.
Il 1° ottobre Napoli è perduto. Una prima linea di difesa si stabilì a Nord di Napoli, sul fiume Volturno, ma la pressione degli anglo-americani costrinse le truppe tedesche a ritirarsi sul fiume Garigliano. Tale linea, che si chiamò “Gustav”, comprendeva Montecassino e, lungo il fiume Sangro giungeva all’Adriatico. Il 31 dicembre i tedeschi sono attestati su queste linea. Essa resistette alcuni mesi.
Ma il 22 gennaio 1944 gli anglo-americani sbarcarono a Nettuno e riuscirono a stabilire una testa di ponte fra Anzio e Nettuno. I tedeschi, con il valido contributo dei primi reparti combattenti della R.S.I. (Btg “Nembo” dal 12 febbraio, Btg “Barbarigo” dal 4 marzo, il Gruppo “San Giorgio” dall’11 marzo, le SS italiane dal 17 marzo e il Rgt “Folgore” dal 28 maggio) ne bloccarono l’espansione, ma non riuscirono a ricacciarli in mare, malgrado l’impiego di cinque divisioni: la 26° e la Herman Goring corazzate, la 3° e la 90° di granatieri corazzati e la 4° paracadutisti. Il 1 febbraio si ebbero durissimi combattimenti fra Aprilia e Cisterna di Latina.
Il 7 aprile riprende l’iniziativa degli anglo-americani e i combattimenti si riaccendono durissimi da Cassino al mare. L’11 maggio l’offensiva si intensifica e i tedeschi, fra il 15 e il 16 maggio iniziano a ritirarsi.
Montecassino, la cui abbazia fu distrutta dai bombardieri anglo-americani il 15 febbraio 1944, fu occupata dai polacchi del Gen. Abders (reparto condotto dal Ten. Podolski) il 18 maggio 1944 e gli anglo-americani risalirono verso Nord.
Il tentativo di costituire una nuova linea difensiva più a nord, la linea “Hitler” non portò risultati apprezzabili.
E il 23 maggio la 5° armata americana si congiunge con le truppe di Anzio e Nettuno a Borgo Grappa.
Ormai la strada per Roma è aperta. Ai primi di giugno a contrastare le divisioni anglo-americane sono rimasti solo gli italiani della R.S.I. Reparti del “Barbarigo”, del “Nembo” e, soprattutto, i paracadutisti del “Folgore” del Maggiore Rizzatti, che si immolarono fra Pratica di Mare e Castel di Decima. Di 980 uomini ne sopravvissero 30, che si ritirarono combattendo. Fra i caduti il comandante Rizzatti, caduto mentre attaccava un carro armato con le bombe a mano. Gli fu conferita la Medaglia d’Oro alla memoria.
Il 4 giugno 1944 alle ore 19,15 un’avanguardia dell’88° Divisione di Fanteria U.S.A. arriva in Piazza Venezia a Roma. La caduta di Roma suscitò un’impressione fortissima. E gli alleati che, anche sfruttando la carica psicologica che tale conquista aveva dato agli eserciti inglese e americano, il 6 giugno sbarcarono in Normandia, aprendo così un nuovo fronte ad occidente. L’11 agosto cade Firenze. L’avanzata del nemico è contrastata passo passo, ma si è costretti ad arretrare. Ai primi di settembre gli italo-tedeschi si arroccano su quella che sarà l’ultima linea di difesa: la linea “gotica”, che va dalla Versilia all’Emilia a sud di Bologna.
Intanto, in agosto, gli alleati erano sbarcati anche a Tolone, nel sud della Francia.
La situazione della RSI si fa sempre più drammatica. Eppure lo Stato continua a funzionare, Mussolini difende con le unghie e con i denti l’autonomia della sua Repubblica e tenta disperatamente, anche con atti di grande clemenza, di attenuare gli effetti nefasti della guerra civile. E anche l’attività legislativa non si arresta. Il 12 febbraio 1944 il Consiglio dei Ministri approva, malgrado l’ostilità dei tedeschi, il decreto sulla “Socializzazione delle imprese”, che rivoluziona i rapporti all’interno del mondo del lavoro e che, a tutt’oggi, rappresenta la legislazione più avanzata in campo sociale.
Il 16 dicembre 1944 Mussolini si reca a Milano dove susciterà immensi entusiasmi e dove avrà il suo ultimo bagno di folla. Terrà al Teatro Lirico il suo ultimo discorso, nel quale esalterà il programma sociale della RSI e inciterà i camerati milanesi alla riscossa.
Il 19 giugno i tedeschi cominciano ad arroccarsi sulla nuova linea difensiva la “linea Gotica”. Tuttavia contrastano l’avanzata americana passo per passo. Il 4 agosto lasciano Firenze, che viene ancora disperatamente difesa dai fascisti appostati sui tetti delle case. Il 2 settembre cade Pisa e il 5 Lucca.
Sulla linea “gotica” gli anglo-americani vengono bloccati per tutto l’inverno e fino ai primi di aprile del 1945. Nei primi giorni di quel mese riprende l’attacco e, poco dopo la metà del mese, le resistenze italo-tedesche vengono sopraffatte e il nemico dilaga nella pianura padana.
Intorno agli ultimi giorni del mese le truppe tedesche si arrendono, seguite da quelle italiane, che si erano battute valorosamente sui vari fronti di guerra. La Divisione Italia e il Btg Intra della Divisione Monterosa, che avevano retto il fronte della Garfagnana fino al 17 aprile, si ritirano ordinatamente, riuscendo a contenere, in Lunigiana, gli attacchi americani che tentavano di tagliare la ritirata alle truppe che defluivano dalla Garfagnana. Esse, unitamente alle truppe tedesche del Generale Fretter Pico, giungono nei pressi di Fornovo, dove trovano la strada verso Parma sbarrata dalle truppe brasiliane. Dopo un ultimo tentativo di aprirsi un varco verso il Po, vista l’impossibilità di riuscita, si decide la resa. Viene concesso l’onore delle armi. E’ il 27 aprile. Più o meno negli stessi giorni si arrendono ai partigiani anche la divisione San Marco, la Littorio e il grosso della Div. Monterosa, vari reparti della Decima, e altri. Qualcuno resiste in armi fino ai primi di Maggio. Molti dei militari arresisi ai partigiani verranno vigliaccamente trucidati. I sopravvissuti verranno rinchiusi nell’infernale campo di concentramento di Coltano e vi rimarranno fino all’autunno.
Mussolini, che il 25 aprile si era portato a Milano e il 26 a Como, alle ore 8 del 27 aprile viene catturato dai partigiani nei pressi di Dongo mentre con alcuni gerarchi, uomini della Brigata Nera di Lucca e un reparto tedesco si sta dirigendo verso Nord.
Secondo la versione partigiana (ormai da molti messa in dubbio) Mussolini, che era stato isolato dagli altri gerarchi, viene ucciso insieme a Claretta Petacci a Giulino di Mezzegra, davanti al cancello di Villa Belmonte, alle ore 16,20 del 28 aprile 1944. A Dongo, alle ore 17,48 dello stesso giorno, vengono uccisi quindici gerarchi o presunti tali : Pavolini, Barracu, Mezzasoma, Zerbino, Liverani, Romano, Porta, Coppola, Daquanno, Utimpergher, Calistri, Casalinovo, Nudi, Bombacci, Gatti. Ed anche Marcello Petacci, che i gerarchi non vollero fosse fucilato con loro, fu ucciso subito dopo.
Il 29 i diciotto cadaveri vengono portati a Milano con un camion e appesi per i piedi alla tettoia di un distributore di benzina a Piazzale Loreto. I cadaveri vengono vergognosamente insultati e vilipesi da una folla imbarbarita.
E non furono i soli morti della R.S.I. In quei giorni si scatenò una feroce caccia al fascista e diverse decine di migliaia di fascisti, civili o militari, furono trucidati, spesso in modo orrendo, anche quando, fidando nella parola del nemico che garantiva salva la vita, avevano già deposto le armi. Molte le stragi, avvenute soprattutto nel nord Italia, opera quasi sempre di partigiani comunisti.
Le operazioni di guerra in Italia cessarono ufficialmente con la nota resa di Caserta, firmata il 29 aprile 1945 da Germania e R.S.I. Essa prevedeva il cessate il fuoco alle ore 18 del 2 maggio 1945.
Alcune decine di migliaia di combattenti della R.S.I., ebbero salva la vita e furono rinchiusi in campi di concentramento. Circa 35.000 di essi furono rinchiusi nel Campo di concentramento di Coltano, presso Pisa, dove vissero in condizioni disumane fino all’autunno, quando poterono tornare in libertà. Non tutti, però, poterono tornare veramente liberi alle loro case. Molti dovettero vivere nascosti ancora per mesi, per non essere assassinati dai partigiani comunisti, ancora ben armati e ancora a caccia di fascisti. E per lunghi anni i fascisti superstiti patiranno le conseguenze di una feroce discriminazione, che li condannerà ai margini della società, costringendoli a lavori spesso umili, quasi sempre autonomi, essendo stati quasi tutti rimossi dai loro impieghi mediante la così detta “epurazione”. La lotta per la sopravvivenza delle persone e dei loro ideali fu, per molti fascisti della R.S.I., la continuazione di una guerra che per loro non era ancora finita. E nessuno si è arreso.
Siamo agli ultimi atti della tragedia. Il 7 maggio si ha la capitolazione della Germania. I gerarchi nazisti, ad eccezione di Hitler e di Goering che si sono suicidati e di Borman, di cui si sono perse le tracce, verranno processati (il processo di Norimberga si aprirà il 21 novembre 1945) e in massima parte impiccati.
Resiste ancora il Giappone. Ma il 6 agosto 1945 gli americani sganciano su Hiroshima la prima bomba atomica della storia, uccidendo centomila persone, e il 9 agosto sganciano la seconda su Nagasaki uccidendo altri sessantamila civili giapponesi.
Il 14 agosto 1945 l’imperatore Hiro Hito si arrende.
La seconda guerra mondiale è finita.