mercoledì 24 aprile 2013

Camerata Teodoro Buontempo: Presente!


Unanime cordoglio per la scomparsa di Teodoro Buontempo, storico esponente della destra italiana, per anni consigliere comunale, parlamentare e dirigente della Giovane Italia, del Fronte della Gioventù, del Movimento Sociale Italiano, di Alleanza Nazionale e de La Destra di Francesco Storace. Oggi, tutta la comunità della destra sociale, anche se politicamente divisa, piange, unita e commossa, il mitico Camerata Teo, militante coerente e coraggioso, come un leone, anche se era soprannominato “Er Pecora” (per la sua capigliatura e le sue orgogliose origini abruzzesi).
Quando veniva a Milano, eravamo io, Romano Favoino, Ciube ed il Teto, ad andarlo a prendere all’aeroporto di Linate, e ad accompagnarlo, per tutta la Lombardia, a dibattiti televisivi, convegni politici e cene cameratesche (anche da Oscar, a Porta Venezia). Qualche volta ho avuto il piacere di ospitarlo a casa mia, anche a dormire. Veramente tanti sono i bei ricordi e gli aneddoti che, in questo triste giorno, mi tornano in mente: una epica campagna elettorale per il comune di Roma (in giro per le borgate con il principe Lilio Sforza Ruspoli, candidato sindaco missino), una movimentata manifestazione milanese alle Stelline di Corso Magenta (insieme a Giorgio Pisanò), un pellegrinaggio a Predappio insieme al senatore Cesare Biglia ed agli ex combattenti della RSI, una goliardica trasferta nel Monferrato (tra incontri politici e degustazione di grappe, delle quali era un vero intenditore), l’ultimo congresso nazionale del MSI ed il primo di AN, il suo ufficio romano con vista sull’Altare della Patria, l’esperimento del movimento Fronte degli Italiani, del quale sono stato rappresentante a Milano.
Che personaggio straordinario, di grandissima umanità e generosità, sempre in prima fila quando c’era da combattere una giusta battaglia. Per qualche tempo non ci siamo più sentiti, poi ci siamo rivisti con la nascita de La Destra, del quale era promotore e presidente, e nelle cui liste mi sono candidato, per ben due volte, come indipendente alla camera dei deputati. Sperava sempre nella unità dell’area, non parlava mai male di nessuno, anzi, aveva sempre una parola buona per tutti, cercava sempre di guardare il lato positivo delle cose. Negli ultimi giorni della sua vita terrena, gli siamo rimasti vicino nella preghiera ed ora che è andato oltre, siamo sicuri che continuerà a marciare spiritualmente al nostro fianco, a difendere ed a consigliare i suoi camerati, la sua comunità che oggi vorrebbe vedere, finalmente, riunirsi in un nuovo e grande fronte nazionale e popolare. Ciao Teodoro, grazie di tutto, veglia su di noi!
Roberto Jonghi Lavarini






giovedì 18 aprile 2013

robertojonghi.it

Roberto Jonghi Lavarini ha 40 anni, è felicemente sposato con Veronica ed ha due figlie di 11 e 6 anni, Beatrice e Ludovica. Laureato in Scienze Politiche alla Università Statale di Milano, lavora come consulente immobiliare (compravendita e ristrutturazioni) nella società di famiglia ed è iscritto a diverse associazioni di categoria.
Cristiano Cattolico praticante, fedele alla Tradizione, è Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e Volontario del Corpo Italiano di Soccorso del Sovrano Militare Ordine di Malta. Appassionato di storia, cultura, araldica, tradizioni religiose e popolari, enogastronomia e sagre paesane, è molto legato alle radici ed alla identità Walser (tedesco-vallese) della propria famiglia e fa parte del gruppo folkloristico del suo paese di origine, Ornavasso.
Da sempre coerente militante di destra, è stato: Segretario del Fronte della Gioventù di Milano, Dirigente Provinciale del Movimento Sociale Italiano, Dirigente Regionale di Alleanza Nazionale e della Fiamma Tricolore della Lombardia, Consigliere Circoscrizionale e Presidente della Zona Porta Venezia, per due volte candidato alla Camera dei Deputati come Indipendente ne La Destra.
Attualmente, per scelta, non ricopre alcuna carica politica e non è iscritto a nessun partito ma collabora con svariate associazioni culturali e testate giornalistiche, partecipando a diverse trasmissioni televisive come opinionista.

mercoledì 17 aprile 2013

"Quei ragazzi tricolori" di Orazio Ferrara.

Orazio Ferrara (1948), nato a Pantelleria (TP), vive a Sarno in provincia di Salerno. Già responsabile della Biblioteca Comunale della Città di Sarno, scrittore e saggista ha pubblicato numerosi libri, tra i quali Parole sudiste, d'amore e altre ancora (1978), Arcaiche radici e diafane presenze (1995), Viva 'o Rre. Episodi dimenticati della borbonica guerra per bande (1997, vincitore 2° posto saggistica politica del Premio Internazionale Letterario Tito Casini di Firenze Ed. 1997), Il Celeste Patrono della Gente di Mare. San Francesco da Paola (1997), Solo Coraggio. Storie di italiani in guerra (2009), Sud. Storie di lazzari, sanfedisti, briganti e separatisti (2010), L’Anitra Blu. Legionari e mercenari in Africa (2011), La navigazione nel mondo antico (dai Cretesi agli Etruschi) (2011). Collabora a diverse riviste a diffusione nazionale quali “L’Alfiere”, “Due Sicilie”, “Storia in Rete”, “Agorà”, “Storia del Novecento”, “Eserciti nella Storia”, “Aerei nella Storia”, “2a Guerra Mondiale / Battaglie uomini e mezzi”, “Santini & Similia”, “Cronache medievali”.

"IL DUCE HA SEMPRE RAGIONE"


Lungimirante ed attualissimo discorso mussoliniano del 1934:

“La crisi è penetrata così fortemente nel sistema che è diventata una crisi del sistema. Non è più un trauma, è una malattia costituzionale. Oggi possiamo affermare che il capitalismo finanziario è superato e con esso la teoria del liberalismo economico che l’ha illustrato e apologizzato. Giunto a questa fase il supercapitalismo trae la sua ispirazione e la sua giustificazione dalla utopia dei consumi illimitati. L’ideale del supercapitalismo sarebbe la standardizzazione del genere umano dalla culla alla bara.”
“Questa è la crisi del sistema capitalistico preso nel suo significato universale. Ma per noi vi è una crisi specifica che ci riguarda particolarmente nella nostra qualità di Italiani e di Europei. C’è una crisi europea, tipicamente europea. L’Europa non è più il continente che dirige la Civiltà umana. C’è stato un tempo in cui l’Europa dominava politicamente, spiritualmente ed economicamente il mondo. L’Europa può ancora tentare di riprendere il timone della Civiltà Universale, se trova un “minimun” di unità politica. Ma questa intesa politica dell’Europa non può avvenire se prima non si sono riparate delle grandi ingiustizie”
“La forza politica crea la ricchezza, e la ricchezza ingagliardisce a sua volta l’azione politica. Il nostro obbiettivo è il benessere del popolo italiano. Una rivoluzione per essere grande, per dare una impronta profonda nella vita di un popolo e nella storia, deve essere sociale“
Benito Mussolini, Duce del Fascismo
(14 novembre 1934, discorso sullo Stato Corporativo)

martedì 16 aprile 2013

Onore ai Caduti della RSI.

Domenica 21 aprile, ore 10.00, Cimitero Maggiore di Milano.
Cerimonia Militare e Santa Messa Tradizionale al Campo X.
ANAI - UNCRSI - XMAS


lunedì 15 aprile 2013

25 aprile lutto nazionale !


Noi non abbiamo nulla da festeggiare e ricorderemo i nostri caduti!


 
 

venerdì 12 aprile 2013

Roberto Jonghi Lavarini, libero opinionista, in Televisione.


Roberto Jonghi Lavarini, per la settima volta, torna ad Antenna 3 Lombardia, come libero opinionista di destra, ospite della seguitissima trasmisisone di approfondimento politico "Forte e Chiaro", condotta dal popolare giornalista televisivo Roberto Poletti. Questa volta, il vulcanico Jonghi, ospite unico della serata, risponderà, insieme all'abile conduttore Poletti, in diretta e senza filtri, alle domande dei telespettatori. Non solo, Jonghi, lasciata momentaneamente da parte la politica partitica (vista la tragicomica divisione della destra sociale italiana), ha deciso di impegnarsi a sostegno della nostra presenza culturale e mediatica, incominciando con l'organizzare due distinte dirette televisive, su una importante televisione nazionale, da Milano e dalla simbolica Predappio.

giovedì 11 aprile 2013

ONORE ai Soldati italiani in missione!

Dario Macchi, autentico patriota e capo carismatico dei Paracadutisti milanesi e lombardi, in Afghanistan:
Herat Camp Arena, pomeriggio dell'11 aprile.
Di ritorno con i Lince, orgoglioso di essere italiano per il lavoro e il sacrificio dei nostri ragazzi della missione ISAF.
Dario Macchi

Conferenza allo Spazio Ritter.




Luis Gallego Chicharro: Presente!

Rendiamo onore al mitico amico e Camerata ispanico Luis Gallego Chicharro, Combattente Volontario nella Divisione Azul, in Russia ed a Berlino, recentemente scomparso: Presente!

giovedì 4 aprile 2013

"I Centurioni"


"L'esploratore del Duce"


25 aprile 1945


 
 


25 aprile... 1945!

di Gianluca Padovan

Che cosa si ricorda il 25 aprile? Cosa si ricorda del 25 aprile? Ditemelo un po’ voi, che scendete in campo con le bandiere dell’uno, dell’altro o di chissà quale colore. Io prendo in mano, ancora una volta, un libro a me caro: «I Leoni Morti». Se avete voglia e tempo, con me ricordate.

Il 25 aprile, alle porte di Berlino, ad ovest del bosco di Gruenewald, i resti della XXXIII SS Waffen Gren Division “Charlemagne” si preparano. Questi Francesi ricevono l’ordine di rimanere uniti ai resti della XI SS Frw Pz Gren Division “Nordland”,comandata dal generale Friedenberg. L’XI Divisione è composta da Volontari Danesi, Norvegesi e Svedesi, ma oramai conta solo poco più di millecinquecento uomini. Ma di valore. Sono, anche loro, Volontari, come tutti gli appartenenti alle Waffen SS (Schütz Staffel). Il compito della Charlemagne e della Nordland è di difendere il settore di Berlino prossimo alla Cancelleria del Reich. E saranno poi tra gli ultimi a deporre le armi. Si dice che sotto la Porta di Brandeburgo un Volontario italiano esaurì le munizioni prima di ritirarsi.

Il Capitano Gauvin passa in rassegna gli uomini schierati, pronti per la partenza alla volta della capitale tedesca, circondata dalle truppe comuniste sovietiche:«Sotto l’elmetto d’acciaio avevano lo sguardo vuoto delle statue. Se Gauvin rivolgeva la parola ad uno di loro in tenuta di combattimento, riusciva a stento a cogliere un guizzo in quegli occhi che subito tornavano a fissare il nulla a sei passi davanti a loro. L’immobilità di questi soldati aveva qualcosa d’affascinante. Le mascelle contratte esprimevano una risolutezza feroce. Il sussulto improvviso d’un muscolo dei mascellari era l’unico segno di vita che si potesse cogliere sul loro volto. Indossavano la tuta leopardo o erano avvolti in teli da tenda impermeabili chiazzati di rossastro, di marrone e di giallo, che davano loro l’aspetto di grandi felini con gli scarponi. Condottieri d’una rivoluzione europea (...)» (Saint-Paulien, I Leoni Morti. La battaglia di Berlino, Ritter, Milano 1999, p. 41).

Così il Capitano delle SS Gauvin arringa i Volontari: «Riconosco in mezzo a voi i vecchi combattenti che, alle porte di Mosca, hanno rasentato la vittoria ed hanno visto, sul cielo grigio e nero, stagliarsi le torri del Cremlino. Adesso sono qui. Non i Russi li hanno vinti. È stato il freddo. Proprio il giorno di quell’offensiva che avrebbe dovuto abbattere per sempre la Mecca rossa, il termometro è sceso da meno venti a meno quaranta gradi. Ve lo ricordate, amici? È a voi che mi rivolgo ora. Poco ci importerebbe di difendere la capitale tedesca, ma non è Berlino con le sue rovine che difendiamo, è il cuore di questa Europa, senza la quale il mondo non è nulla. La battaglia di Berlino non è l’estremo combattimento di questa guerra, ma il primo di quella lotta decisiva che si concluderà un giorno, ne sono fermamente convinto, con lo sfacelo del Bolscevismo» (ibidem, p. 46).

Perché il Bolscevismo, ricordiamolo, è: «La dottrina e il movimento bolscevico in Russia; nell’uso corrente è sinonimo di comunismo» (Istituto della Enciclopedia Italiana, Vocabolario della lingua Italiana, Vol. I, Roma 1986, p. 492). Dove bolscevico è l’«appartenente alla frazione di maggioranza del partito socialdemocratico russo costituitosi durante il secondo congresso (Londra, 1903), che rappresentava, sotto la guida di Lenin, la corrente più rivoluzionaria e intransigente» (ivi). Nikolaj Lenin, ricordiamo anche questo, è il nome del rivoluzionario ebraico Vladimir Il’ic Uljanov, uno dei fautori della rivoluzione comunista russa dei primi del Novecento e della trasformazione dell’impero russo in Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS).

E ancora: «Nel frastuono delle armi erano giunte alle loro orecchie solo parole d’ordine strane e contraddittorie: socialismo biologico, difesa della cristianità, lotta contro l’internazionale rossa del Bolscevismo, l’internazionale gialla del giudaismo, la potenza dell’oro ed il capitalismo internazionale, ed infine contro l’internazionale nera dei Gesuiti! (Nero, giallo e rosso, i colori della bandiera della repubblica di Weimar!) Lotta, anche, alla Frammassoneria...» (Saint-Paulien, op. cit., p. 42).

Oggi abbiamo un presidente della repubblica che non ha fatto gli interessi dello stato e per il quale i Cittadini Italiani hanno pagato. Ho scritto in minuscolo il tutto perché questa non è una repubblica, ma quello che resta di una Nazione, quella Italiana, atterrata dalle banche e dai banchieri promotori e servi dell’«usura»,anche di bolscevica memoria. Noi abbiamo il diritto e il dovere di ricordare e di commemorare coloro i quali sono poi stati demonizzati da un vincitore apolide, coatto e servo delle banche. Abbiamo il dovere di ricordare coloro i quali, da Volontari, si sono battuti fino alla fine, senza chinare il capo. Abbiamo il dovere di ricordare questi Volontari Vittoriosi, in questo 25 aprile di auspicabile Vittoria.


mercoledì 3 aprile 2013

Campo X Milano: Onore ai Caduti della RSI.


La tradizionale cerimonia militare e religiosa in ricordo, Onore e suffragio di Benito Mussolini e di tutti i Caduti, militari e civili, della Repubblica Sociale Italiana, si terrà al CAMPO Xdel Cimitero Maggiore di Milano: domenica 21 aprile 2013, ore 10.00. Ad organizzarla, come sempre, le storiche sigle ufficiali che riuniscono i "Combattenti per l'Onore d'Italia": la Unione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana (UNCRSIpresieduta dal Comandante Armando Santoro, già volontario della Legione Autonoma Ettore Muti), l'Associazione Combattenti della decima Flottiglia Mas (XMASfondata dal Comandante M.O. Principe Junio Valerio Borghese e presieduta dal Marò Avv. Fabio Masciadri, Volontario del Battaglione Barbarigo, Croce al Valor Militare sul fronte di Nettuno) e l'Associazione Nazionale Arditi d'Italia (la gloriosa ANAI presieduta dal Comandante Pierpaolo Silvestri). Un ringraziamento speciale è dovuto a Donna Marisa Gambini, a GuidoGiraudo ed a tutti i volontari che mantengono il campo, sempre, adeguatamente in ordine e pulito.


Rolando Rivi sarà Beato.


Papa Francesco ha autorizzato ieri la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare i Decreti riguardanti 63 nuovi Beati e 7 nuovi Venerabili servi di Dio. Tra di essi figurano martiri della guerra civile spagnola, dei regimi comunisti dell’Europa Orientale e del nazismo. Tra i prossimi nuovi Beati c’è anche il giovane seminarista italiano Rolando Rivi, ucciso in modo barbaro dai partigiani nel 1945. Fu ucciso in odio alla fede ancora adolescente di quattordici anni, testimone dell’incondizionato amore che provava per Gesù. Di seguito riproponiamo un articolo che tempi.it realizzò nel settembre scorso. Si tratta di un’intervista a Emilio Bonicelli, autore di un bel libro sulla storia di Rivi.
Il 13 aprile 1945, in un bosco dell’Emilia, fu trovato il corpo freddo e tumefatto di Rolando Rivi, giovane seminarista freddato da mano partigiana per odio alla fede. E mentre si discute sulla sua beatificazione, a breve, in libreria, sarà ripubblicato Il sangue e l’amore (Jaca Book), un romanzo di Emilio Bonicelli, giornalista e scrittore, che ha ricercato documenti storici per risalire ai particolari della tragica morte di Rolando. Tempi.it ne discute proprio con l’autore.
Perché una riedizione de Il sangue e l’amore?
L’edizione precedente era completamente esaurita – e la cosa non può che farmi piacere –. Continua a esserci una richiesta crescente di conoscere questo seminarista martire, ucciso a soli 14 anni. Avevo scritto di Rolando non appena conosciuta la sua figura, in circostanze apparentemente casuali. Sono rimasto folgorato dalla storia di questo piccolo ragazzo, profondamente innamorato di Gesù e trasformato da questo amore, su cui aveva progettato la sua intera esistenza. E per tale amore è stato sequestrato, torturato e ucciso da uomini accecati dall’ideologia. Quando ho “incontrato” Rolando vivevo una vicenda personale molto difficile. Ero da poco tornato al lavoro dopo una lunga convalescenza seguita a un trapianto di midollo osseo per curare una leucemia. Allo stesso modo, un bambino inglese era guarito dal questo cancro ma attraverso una Grazia. Sotto il suo cuscino, un amico aveva posto una ciocca di capelli di Rolando, intriso del sangue del martirio.
Come ha fatto una ciocca di capelli di Rolando Rivi a finire in Inghilterra?
Un giovane di origine indiana, che aveva studiato a Roma e completato i suoi studi in Inghilterra, dove guidava un gruppo di preghiera, era stato accolto da una famiglia di amici protestanti. Rimase colpito da un articolo dell’Osservatore romano, che parlava proprio di Rolando. Il giovane si mise in contatto con padre Colusso, parroco di San Valentino dove Rolando è sepolto e venerato. Il figlio più piccolo di quegli amici protestanti si era ammalato di leucemia e il giovane chiese al prete una reliquia per poter chiedere l’intercessione di Rolando. Padre Colusso gli spedì la ciocca di capelli. Al termine di una novena di preghiera, il bambino stava bene.
Come ha conosciuta questa vicenda?
Ho letto casualmente un lancio di agenzia che, per la vicenda che avevo vissuto, non poteva non colpirmi. Ma le notizie su Rolando erano scarne perché attorno alla sua figura vigeva un sorta di tabù da quasi sessant’anni.
Quale tabù?
Il nostro piccolo martire è un grandissimo tesoro della fede, ma era scomodo parlare di lui. In una realtà come la nostra, il potere costituito è stato in gran parte legato al partito comunista e a una certa lettura a senso unico dei fatti storici. Oggi molte cose sono cambiate, ma fino a poco tempo fa era quasi impossibile citare certi eventi che scardinavano una lettura “politicamente corretta” della Resistenza.
Ma lei voleva farlo conoscere…
Già. Sono partito dai pochi elementi reali conosciuti allora, e da lì ho raccontato due storie. Quella di Rolando, a mo’ di romanzo storico, e una storia, quella di Marta, ispirata alla Grazia prima descrittala. Sono storie parallele a capitoli alterni, apparentemente lontane tra loro, ma che si intrecciano alla fine, svelando la contemporaneità di Cristo nei testimoni della fede.
E il risultato?
Quando presentammo la prima edizione del libro la sala degli specchi del teatro della mia città, Reggio Emilia, si riempì di popolo. Capimmo che nel cuore della gente era rimasto il ricordo di Rolando, la fama della sua santità, anche se ancora non si poteva proclamare sulle piazze. Era un segno. Con gli amici che avevano organizzato quel convegno decidemmo di andare avanti. Così ha avuto inizio il cammino della causa di beatificazione, che è iniziata nel 2006. La fase diocesana si è chiusa nello stesso anno e ora siamo in attesa del giudizio ultimo e definitivo che dovrà essere espresso dalla Congregazione per le cause dei Santi di Roma. Prego e spero che presto Rolando possa salire all’onore degli altari per la straordinaria bellezza della sua testimonianza di fede e di amore a Gesù, sino al dono della vita. Il libro, quindi, è a tutti gli effetti un romanzo storico, non di invenzione?
La nuova edizione del libro è stata in gran parte riscritta per essere sempre più aderente ai fatti accaduti, così come ho potuto ricostruirli in questi anni grazie a un lavoro di ricerca storica e al dialogo con i protagonisti dell’epoca. Anche la copertina è cambiata. Ora c’è il volto di Rolando, dolcissimo e forte, perché abbiamo ritrovato l’originale della foto che gli era stata scattata poche settimane prima del martirio. Il racconto, poi, ricostruisce con più aderenza il clima della guerra partigiana nella nostra terra emiliana, nel triangolo della morte. Non c’è stata alcuna volontà di revisionismo ma solo il desiderio di illuminare la verità dei fatti.
E cosa ha scoperto?
Spesso, ancora oggi, si sente dire che la resistenza partigiana aveva un solo colore politico e un’unica voce. Non è così. La resistenza ha avuto più volti nel nostro paese, e nella sua grandezza ha vissuto tutti i problemi legati all’irrompere, al suo interno, dell’ideologia comunista. Il movimento di resistenza a Reggio Emilia, ad esempio, nacque dentro una parrocchia, il primo comandante era un sacerdote: don Domenico Orlandini e il movimento aveva un carattere unitario, pur nelle diverse identità. In molte formazioni, però, a un certo punto, iniziò un’opera di indottrinamento politico per mano del Partito Comunista, che cercava l’egemonia e organizzava nelle formazioni vere cellule di partito. Questo fatto portò a una inevitabile divisione: le brigate garibaldine, comuniste, da una parte, e le fiamme verdi, cattoliche, dall’altra, e ben diverso era il modo con cui le une e le altre concepivano e vivevano la guerra di liberazione. Chi sparò a Rolando fu il commissario politico di una formazione garibaldina. Il commissario politico, cioè la persona incaricata di indottrinare gli altri all’ideologia comunista. La motivazione data fu “domani un prete di meno”. La lotta partigiana, per alcuni, era diventata cioè l’inizio della rivoluzione proletaria per affermare nel nostro Paese la dittatura del proletariato in cui non ci sarebbe stato posto per la testimonianza pubblica della fede cristiana. Le epurazioni, come sappiamo, continuarono ben oltre la fine della guerra fino all’assassinio di don Pessina, nel giugno del 1946.
La resistenza partigiana non aveva delle regole a riguardo?
L’assassinio era proibito: esistevano dei tribunali che giudicavano le colpe e dichiaravano le condanne. Vicino al luogo del martirio di Rolando, c’era il tribunale partigiano di Farneta. Ma Rolando non ci fu mai portato. Tutto quello che fu fatto contro Rolando, il sequestro, le brutali torture, l’uccisione, fu fatto in violazione delle regole della guerra partigiana e fu motivato dall’odio contro la sua testimonianza di fede. Un odio provocato dall’ideologia.
Lei parla di un diverso modo di vivere la guerra partigiana. Ci può fare un esempio?
Nel libro parlo del comandante Valerio, figura ispirata a Pasquale Marconi, medico cattolico, comandante delle Fiamme Verdi. Marconi si opponeva alle epurazioni e alle uccisioni sommarie. Per questo il comandante dei garibaldini gli diceva di stare attento perché: “Quando vinceremo, faremo piazza pulita dei figuri come te», ma Marconi rispondeva: «Le assicuro che, quando vinceremo noi, e affermeremo la democrazia, non faremo piazza pulita dei figuri come lei, ma consentiremo loro di continuare a calunniarci e ingiuriarci in libertà».
«Piazza pulita». Come Rolando.
Rolando era un seminarista dalla vocazione sincera. Entrò undicenne in seminario, affascinato dall’umanità di don Olimpo Mazzucchi, parroco di San Valentino, grande educatore, appassionato al destino della gente, attento alle cose che contano. Nel 1944 il seminario fu occupato dai tedeschi in ritirata. Rolando, tornato a casa, proseguì la sua vita da seminarista, vestendo sempre l’abito talare, come segno della sua appartenenza a Gesù. Sapeva che correva un pericolo, ma non si tirò indietro. Pochi mesi prima anche Don Olinto era stato brutalmente picchiato.
Perché Rolando fu preso di mira?
Per la sua irriducibile identità cristiana e per la sua instancabile testimonianza che attirava gli altri ragazzi all’esperienza della fede. Era Rolando che organizzava i giochi e poi invitava tutti in chiesa. Era un fatto inammissibile per chi voleva cancellare Cristo dall’orizzonte dell’uomo.