lunedì 17 dicembre 2012

In ricordo della contessa Piera Gatteschi Fondelli, Comandante del Servizio Ausiliario Femminile della Repubblica Sociale Italiana.

17 Dicembre 1985 – In ricordo di Piera Gatteschi Fondelli. Fu il primo Generale di brigata del Servizio Ausiliario Femminile della Repubblica Sociale Italiana, la prima donna militare nella storia moderna. Nacque a Pioppi, in Toscana, nel 1092, in una famiglia numerosa. Il padre morì prima della sua nascita, e insieme alla madre, si trasferì a Roma alla vigilia della Grande Guerra. Le vicende del dopoguerra la coinvolsero a tal punto che nel 1921 si iscrisse al Fascio di Combattimento di Roma e il 19 ottobre del 1922 prese parte al congresso che si svolse a Napoli. All’età di venti anni, Piera Gatteschi Fondelli, era a capo di un gruppo di circa venti donne formando la Squadra d’Onore di scorta del Gagliardetto, e il 28 ottobre, partecipò alla Marcia su Roma. Grazie al suo fascino, alla sua eleganza, al suo coraggio e soprattutto al suo entusiasmo e alle sue doti organizzative, divenne ispettrice della Federazione dell’Urbe, occupandosi dell’Opera Nazionale maternità e infanzia della Croce Rossa delle colonie estive. Alla politica prevalse l’amore. Nel 1936 lasciò ogni incarico per seguire in Africa Orientale Italiana l’ingegnere Mario Gatteschi, diventando poi il marito, che dirigeva i lavori per la costruzione della strada Assab Addis Abeba. Dopo tre anni, Piera Gatteschi Fondelli, rientrò in Italia e Benito Mussolini la nominò fiduciaria dei Fasci femminili dell’Urbe, che contava centocinquanta mila iscritte. Nel 1940, invece, fu nominata ispettrice nazionale del partito. Con la caduta del Fascismo, Piera Gatteschi Fondelli, si rifugiò dai suoceri nel Casentino, mentre il marito ritornò in Africa come combattente, poi catturato come prigioniero di guerra dalle truppe inglesi in Kenya. Dopo la liberazione di Benito Mussolini, sul Gran Sasso, e la nascita della Repubblica Sociale Italiana nel nord, si trasferì a Brescia avviando una nuova collaborazione con Alessandro Pavolini, segretario del partito. Alla fine del 1943, Piera Gatteschi Fondelli, manifestò al Duce il desiderio delle donne fasciste di avere un ruolo più incisivo nella difesa del paese. Il progetto fu appoggiato da Pavolini e accettato da Rodolfo Graziani, dato che servivano molti uomini per la guerra e le donne erano necessarie per assisterli e per sostituirli nei ruoli non di prima linea. Così il 18 aprile del 1944, con decreto ministeriale n° 447, nacque il Sevizio Ausiliario Femminile come supporto allo sforzo bellico, nel quale affluirono giovani donne di tutte le condizioni sociali e da ogni parte dell’Italia, tante ragazze quasi maggiorenni, molte sposate e parecchie madri. Il primo agosto del 1944 fu pubblicato il bando sulla Gazzetta Ufficiale dove l’arruolamento era assolutamente volontario, numerosi i requisiti richiesti e particolarmente rigida la disciplina. Piera Gatteschi Fondelli, nominata Generale di brigata, ottenne il comando e scrisse il regolamento. Niente pantaloni, niente trucco, nessuna concessione al cameratismo. Patriottismo e moralità erano la base su cui intendeva costruire la nuova realtà delle donne soldato. All’interno del nuovo corpo ogni dipendente era soggetta alla giurisdizione penale militare. Le reclute prestavano giuramento secondo la formula stabilita per le forze armate. Le ausiliarie erano a tutti gli effetti militarizzate, i loro fogli di matricola venivano regolarmente trasmessi ai distretti militari e costantemente aggiornati. Lo stipendio oscillava tra le trecentocinquanta e le settecento lire in base al tipo di mansione svolta. Prima di essere assegnate ai rispettivi Comandi, le giovani donne dovevano partecipare e superare i sei corsi di addestramento che si tennero a Venezia, Roma e Como. Venivano istruite sulle divise del nemico, sul tipo di armamento, sui carri armati, si allenavano agli interrogatori e a rispondere sulle false identità, come reagire alla tortura e alle altre sevizie e come tentare un’evasione. La divisa era realizzata con panno grigioverde per l’inverno, tela kaki per l’estate, con la gonna a quattro centimetri sotto il ginocchio. La giacca aveva il collo come quello degli uomini e due tasche alla sahariana. In testa portavano un basco grigioverde con la fiamma ricavata in rosso. Le calze era lunghe e grigioverdi, il cappotto di tipo militare. Le ausiliarie prestavano inizialmente solo assistenza infermieristica negli ospedali militari, lavoravano negli uffici e alla propaganda, allestendo posti mobili di ristoro per le truppe. Dopo il 25 aprile del 1945 il Servizio Ausiliario Femminile si sciolse e Alessandro Pavolini suggerì di distruggere tutta la documentazione per evitare vendette. Piera Gatteschi Fondelli cercò di mettere in salvo le ragazze, ma lei stessa fu costretta a vivere in clandestinità per oltre un anno, prima in un convento, poi in un manicomio. Si trasferì successivamente in Abruzzo con il marito, tornato dalla prigionia. Le ausiliarie subirono prigionia e campi di concentramento alla pari dei combattenti della Repubblica Sociale Italiana. A guerra terminata e armi deposte, si scatenò una serie di vendette e proprio il Servizio Ausiliario Femminile fu il reparto che pagò il più alto tributo di sangue. Molte aderenti furono oggetto di svariati atti di tragico scherno e vittime di omicidi, violenze, stupri e ritorsioni sulle famiglie. Nel dopoguerra Piera Gatteschi Fondelli si iscrisse al Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante, dedicandosi all’organizzazione di viaggi turistici per i giovani del partito. Accanita lettrice e appassionata di pittura tentò la gestione di un ristorante ma senza successo. Si spense a Roma all’età di ottantatre anni. www.libero-mente.blogspot.com libero-mente@libero.it carminecetro@gmail.com

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