venerdì 24 gennaio 2014

La verità sulla infame strage comunista di Via Rasella


 
 
Sabato 22 marzo 2014 verrà presentato a Bolzano il libro "Via Rasella e le Fosse Ardeatine, una Storia da riscrivere ?" di Luigi Iaquinti.
La conferenza verrà organizzata dall'A.N.M.I. locale ( Via S.Quirino 50/a) insieme ad altre Associazioni D'Arma, allo scopo di ricordare i 46 caduti della XI Compagnia Bozen.
L'occasione si presenta unica nel suo genere in quanto è una rivisitazione storica di un tragico evento che ha segnato la Storia d'Italia e dell'Alto Adige, tanto che vi sono targhe e lapidi che ne testimoniano il dolore.
A San Giacomo , confinante con l'aeroporto di Bolzano c'è la lapide a memoria dei 33 soldati caduti e pure nel Santuario di Pietralba di Nova Ponente.
Questo comunicato vuole essere un servizio inteso ad avvisare gli eventuali pochi veterani ancora viventi ,ma soprattutto i parenti dei soldati caduti e dei superstiti (non più in vita), di questa cerimonia, a cui essi, in qualità di affiliati dell'SKFV (Associazione Vittime di Guerra e Combattenti di Bolzano), hanno ben diritto a partecipare. (ad esempio: viene nominato il soldato Lois Rauter che perse un braccio a seguito dell'attentato di Via Rasella).
"VIA RASELLA e le FOSSE ARDEATINE una storia da riscrivere?"
Il libro scritto da Luigi Iaquinti è principalmente mosso da un atto di memoria nei confronti del suo pro-zio Antonio Chiaretti appartenente alla formazione Bandiera Rossa e perito nell'attentato di Via Rasella del 23.03.1944 ( egli fu infatti insieme al piccolo Pietro Zuccheretti di 13 anni, la seconda vittima civile dell’attentato e accertata attraverso un procedimento giudiziario). Il saggio di 305 pagine esplora in maniera efficace questa “pagina” triste e dolorosa della nostra Storia contemporanea; altresì ci da la misura di come si sono verificati realmente i fatti, andando anche a "smontare" castelli di verità fino ad ora considerati incontestabili, ma che alla luce dell'esame di nuove fonti e nuove analisi, hanno assunto ben altri risvolti. Per quanto precede il libro è da leggere ed è da tenere sempre vicino perchè è un esempio di come la Storia debba essere rilevazione di fatti reali ed oggettivi al di là dei pensieri e delle opinioni dei personaggi coinvolti.
Iaquinti in questo senso dopo diversi anni passati a cercare nelle varie Biblioteche, Musei e Cimiteri ha ricomposto un "puzzle" che gli vale sicuramente il plauso di avere ridato alla Storia ciò che lei ha prodotto realmente. Mi limito a citare, a mo' di “flash”, le persone ed i fatti che meritano nota ed attenzione:
- i 33 soldati della XI Compagnia del Reparto Bozen che perirono subito nell'attentato di Via Rasella del 23/3/1944, erano tutti soldati AltoAtesini e il loro numero salì fino a 46 soldati;
- i 335 trucidati presso le Cave Ardeatine, per il principio della rappresaglia nel rapporto di 1:10 sarebbero dovuti essere 330 e non come poi furono 335;
- i 5 italiani fucilati in più (per errore in quanto sfuggirono dalla conta che doveva essere precisa dei teutonici) furono la causa del processo intentato contro il T.Colonnello Herbert Kappler nel 1948 e per il quale fu condannato all'ergastolo come responsabile unico della Rappresaglia;
- ci si domanda perchè 50 anni dopo si è riversata tutta una nuova e più grande responsabilità sul Capitano Erich Priebke addirittura accusandolo dopo la sua morte di essere stato l'autore materiale e morale delle 335 vittime...???!!;
- perchè vi sono stati nel tempo due diversi ordini di giudizio sull’attentato: infatti il Tribunale Penale di Roma nel 1998 ha dichiarato che l'attentato di Via Rasella non poteva qualificarsi come atto legittimo di guerra, questa sentenza fu “sconfessata” però dalla Suprema Corte di Cassazione che ha affermato che, invece, si è trattato di una azione legittima di guerra, da lì la condanna al quotidiano "Il Giornale" per rifondere i parenti di Rosario Bentivegna, in quanto secondo loro era stata non doverosamente ricordata la fulgida figura dell'eroe, legittimo combattente di guerra..!
Bene, finalmente prima o poi la Verità esce libera, e questo libro ne è la prova, oltretutto, e mi piace ricordarlo verrà presentato per la 1a Volta a titolo ufficiale a Bolzano il 23 marzo 2014 come un atto di rispetto e di memoria verso quei 46 soldati altoatesini originari proprio della provincia di Bolzano.

Nonostante negli anni siano stati oggetto di molteplici studi e ricerche storiche, questi eventi romani del Novecento non smettono di essere al centro di polemiche irrisolte. Nello specifico Iaquinti intende oltrepassare la vulgata diffusa, cercando di raggiungere una lettura oggettiva dei fatti – per quanto l’oggettività sia possibile nello studio della storia – dalla quale vengono alla luce tracce discordanti e inquietanti omissioni sulle reali dinamiche dei fatti.

Lontano dalla pretesa di essere un punto di arrivo, il libro rappresenta piuttosto un punto di partenza, facendosi intelligente veicolo delle ulteriori domande che emergono, con lo scopo finale di sollecitare lo Stato italiano a rendere pubbliche le indagini della questura di Roma dopo i fatti che sconvolsero la città e non solo. Grazie, però, alla determinazione e a un instancabile lavoro di ricerca tra fonti storiografiche e periodici dell’epoca, l’autore traccia un panorama preciso – e per la prima volta puntuale – di ciò che accadde, oltre che un quadro attento e approfondito delle vittime e delle loro (spesso mancate) identificazioni.

Obiettivo ultimo dell’intero lavoro è infatti proporre una riorganizzazione dei metodi di “conservazione della memoria” nel Sacrario delle Fosse Ardeatine, al fine di eliminare tutte le anomalie presenti relative alle identificazioni “attribuite” rispetto a quelle “ignote” (e dall’autore esaminate una per una), per onorare appieno la memoria di tutte le vittime di questa buia pagina del nostro passato.
Precisamente l’Autore ha richiesto ai vari Enti Titolati della Memoria dell’Eccidio delle Fosse Ardeatine di modificare le diverse inesattezze che ancora seguitano a essere propinate come verità appurata. Le verità tramandate e conculcate per abitudine non rappresentano la cultura storica dei fatti, ma una manipolazione artificiosa con il solo scopo di mascherare gli avvenimenti.
1 - Gli ebrei trucidati alle Cave Ardeatine sono stati 77 e non 75, come inizialmente sostenuto nel 1948. Si seguita a negare il diritto a Finzi Aldo e Drucker Salomone, di essere ricordati tra gli ap­partenenti alla stessa religione ebraica.
2 - Moscati Marco, figlio di Cesare e Calò Allegra, ha il diritto di essere identificato tra gli altri 334 presenti nel sacrario (identificazione avvenuta solo nel 2011).
3 - Si ha il dovere morale di identificare gli ignoti delle Fosse Ardeatine e di non lasciarli all’oblio che tanto ricorda le matricole dei lager.
4 - Non esiste la certezza che le posizione note e assegnate siano effettivamente occupate dai martiri: in quanto il lavoro del Prof. Attilio Asca­relli è stato alterato.
5 - Probabilmente le salme traslate, in altri cimiteri, non corri­spondono al corpo del martire. 6 - I russi Kubjskin Alessio e Ostapienko vengono catturati il 2/3/1944 nella casa di Galafati Angelo. Solo Galafati viene trucidato alle Ardeatine, mentre i russi si salvano. Nella lapide esterna al Tempio Maggiore sono riportati 71 nominativi e tra questi compare Kubjskin, che in seguito comunicherà di essere vivo. Perchè è stata commessa la forzatura di un errato riconoscimento? Allo stesso modo perchè non è stata eseguita una verifica su questo salvataggio anomalo? In particolare: i russi, si sono salvati eseguendo una spiata sulla preparazione di una azione in via Rasella?
7 - Tra gli ebrei trucidati alle Ardeatine non viene detto che di­versi di loro erano anche partigiani.
8 - L’elenco dei nominativi tramandati dal processo a Kappler, corrispondono realmente ai detenuti prelevati dal Carcere di Re­gina Coeli e da Via Tasso?
9 - Nell’elenco accluso al processo Kappler, non compare il no­minativo di Scarioli Ivano al quale è dedicato il sarcofago 128. Nel 1944 Ascarelli nella pos. 128 ha collocato Pasqualucci Alfredo. Come si spiega la diversa attribuzione nel 1948?
10 - Nelle bare in cui ci sono in una solo le teste e nell’altra solo gli arti, a chi sono state assegnate?
11 - Dove è stata collocata la 336° bara che ha richiesto il Prof. Ascarelli?
L’autore auspica che, chi è in dovere di sentirsi moralmente obbligato ad accertare quanto sopra esposto e di divulgare la memoria nel rispetto della sacralità dei martiri, dei loro corpi e per la memoria delle future generazioni faccia tutto il possibile per rimettere le cose a posto.
Infine si ritiene giusto accennare a 3 figure degne di nota che emergono tra le pagine del libro : a) Antonello Trombadori b) Donato Caretta c) il Colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo.
Antonello Trombadori è il capo fondatore dei GAP (Gruppi d’azione Patriottica); il 24/3/1944 è detenuto a Regina Coeli e “stranamente” si salva dalla chiamata alle Ardeatine mentre anche un moribondo viene prelevato per l’esecuzione.
Donato Caretta direttore del Carcere di Regina Coeli, viene linciato a morte durante il processo contro il questore Caruso e filmato in diretta nel documentario di Combat Film , è stato fatto “passare” come truce fascista, ma invece morto perché testimone scomodo che non doveva parlare..! Egli infatti , se fosse stato interrogato, avrebbe svelato come fu composta la lista dei detenuti di Regina Coeli poi fucilati alle Ardeatine ed il perché dei nomi cancellati e di quelli sostituiti.
Colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, Comandante a Roma del Fronte Militare Clandestino della Resistenza, arrestato il 25 gennaio 1944 fu condotto nella prigione di Via Tasso a disposizione dell’Aussen-Kommando sotto inchiesta di polizia. Gli fu concessa la Medaglia d’Oro al Valore Militare.
Ultimo , ma non meno importante è la figura di Mauro De Mauro il giornalista del quotidiano ORA di Palermo rapito e mai più ritrovato il 16.09.1970 ; nel libro troverete, e lascio ai lettori la sorpresa , cosa fece e chi fu realmente Mauro De Mauro.
A conclusione di questa presentazione giova in particolare segnalare come l’Autore riporti l’accurato ed instancabile lavoro svolto dal R.I.S. ( Reparto Investigazioni Speciali ) dell’Arma dei Carabinieri nel corso delle identificazioni intorno alle salme ancora “ignote” e restituite poi alla conoscenza dei parenti nel corso degli anni 2010 e 2011.

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